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Food&drink
copertina_wagyu

I gourmet lo sanno fin troppo bene: se esistesse un ipotetico Impero della Carne – nel senso letterale del termine, ovviamente – il sovrano assoluto sarebbe senza ombra di dubbio il Wagyu. Il suo nome deriva dall’accostamento di due termini, wa = Giappone e gyu = bue, e racchiude in sé alcuni concetti assai cari ai milanesi: innanzitutto l’esclusività, dato che il suo prezzo non è esattamente alla portata di tutti; in secondo luogo l’indiscussa qualità, che la fa balzare in cima alle classifiche delle tipologie di manzo – anche qui, in senso letterale – presenti nel mondo; e, last but not least, il mistero che le aleggia intorno, generatore di vere e proprie leggende, come quella dei capi di bestiame abbeverati con la birra e dei massaggi e delle canzoni canticchiate nelle loro orecchie dagli allevatori.

Prima di proseguire, è necessaria una piccola precisazione: spesso ci si riferisce al Wagyu come ad «Ah, sì, la carne di Kobe», dando per scontato che le due cose coincidano, quando in realtà la differenza esiste, ed è alquanto sottile. Se si parla di Wagyu, si fa infatti riferimento a quattro razze autoctone: Japanese Black, Japanese Brown, Japanese Shorthorn e Japanese Polled. Il Kobe deve necessariamente provenire da bestiame di tipo Tajima-Gyu (una sorta di sottocategoria della Japanese Black), nato, allevato e macellato esclusivamente nella prefettura di Hyōgo, che ha come capitale la città di Kobe.

Riassumendo, quindi, Wagyu è il nome della razza, mentre Kobe una particolare qualità protetta: tutta la Kobe è Wagyu, non tutta la Waguy è Kobe. Non è tutto Kobe quel che…Ah no, scusate.

Chiariti i dubbi geografici, ecco quattro locali milanesi dove potete gustare il Wagyu. Mano ai portafogli, perché, come molte cose belle nella vita, it doesn’t come cheap:

Cinquantadue, Foro Bonaparte 52

Aperto pochi mesi fa da Xiaobo Zhou, già proprietario dell’ottimo Nishiki, il Cinquantadue è un ristorante parecchio chic incastonato tra i palazzi neoclassici affacciati sul Castello Sforzesco e sul Teatro Strehler, a due passi da Brera. Qui lo chef Sixia propone – tra le diverse specialità di cucina giapponese fusion – 5 Variazioni della carne Wagyu, servita nei gyoza (ravioli ripieni), in carpaccio (con pomodorini, shiso e umeboshi), negli uramaki (roll di riso con ripieno), nei nigiri impreziositi da foie gras, e nella classica versione alla piastra. Il tocco in più? Un dehor estivo strategicamente posizionato all’ombra delle fronde di Foro Bonaparte, per cenare sentendosi già un po’ in vacanza… il che, a Milano, non è affatto scontato.

Yazawa, via San Fermo 1

Siamo nel cuore di Brera, e Yazawa è da sempre uno dei punti di riferimento per gli amanti del Wagyu: qui il metodo utilizzato per la cottura è il tradizionale Yakiniku, ovvero la tipica griglia usata in Giappone per preparare carne e verdure. I menù degustazione sono tre, e prevedono un antipasto, una portata principale a base di differenti tagli di Wagyu, un fine pasto giapponese a base di riso, spaghetti o zuppa (Shime) e il dessert. I prezzi, a seconda del taglio di carne scelto, vanno dai 60 ai 140 Euro, ma – croce sul cuore – sono i classici soldi ben spesi.

La Griglia di Varrone, via Alessio di Tocqueville 7

Credit immagine: Cristian Parravicini

Si tratta di una steakhouse dal design moderno e curato presente anche a Lucca, che a Milano ha aperto la sua sede a due passi da Corso Como e piazza Gae Aulenti. Accurata scelta delle materie prime e un’incessante ricerca sono ciò che sta alla base dell’offerta gastronomica: tra le tante carni in menù, spicca appunto il nostro amato Wagyu, cotto rigorosamente alla piastra e non alla griglia, per preservare il gusto e la qualità delle fettine tagliate sottili. Scordatevi intingoli, strane salse e condimenti azzardati: la carne viene servita al naturale, senza inutili orpelli che rischiano di coprire il suo grasso e la marezzatura.

Botinero, via San Marco 3

Rimanendo sempre in zona, troviamo il Botinero: entrando in questo ristorante, non stupitevi della massiccia presenza di scarpette da calcio, perché botinas in argentino significa appunto scarpe, e il padre di questo progetto culinario è Javier Zanetti, uno che di tale argomento se ne intende non poco. Il Wagyu qui viene scottato in padella di pietra, secondo cotture diverse in base alle personali preferenze, presentato insieme al certificato di origine della carne e accompagnato da spinaci saltati o altre verdure.

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