
Dodici anni dopo l’uscita del brano "A me di te", Fabri Fibra finisce al centro di una vicenda giudiziaria che si chiude con una condanna definitiva: dovrà risarcire Valerio Scanu con 70.000 euro per diffamazione. La sentenza è stata emessa dalla Corte di Cassazione e conferma quanto già deciso dal Tribunale civile di Milano nel 2016.
Ma che è successo?
Tutto nasce da alcune rime contenute nella traccia dell’album “Guerra e Pace” (2013), che hanno spinto il cantante sardo – ex concorrente di Amici – a portare in tribunale Fibra e la sua etichetta, Universal Music Italia. Il testo includeva riferimenti espliciti e personali su Scanu che, secondo i giudici, hanno superato il limite della libertà artistica sfociando nella diffamazione.
Il testo della canzone aveva attirato subito attenzione mediatica, tanto che già nel 2013 Scanu si era affidato ai suoi legali, dichiarando: "La musica è libertà, ma non quando serve a insultare qualcuno”. La Cassazione ha ora confermato che quella libertà, in questo caso, è costata cara.
Fabri Fibra – nome d’arte di Fabrizio Tarducci – e Universal Music sono stati quindi ritenuti solidalmente responsabili, con l’obbligo di versare i 70mila euro di risarcimento a Scanu. Nessuna sanzione penale, ma un verdetto chiaro in ambito civile.
Al momento né Fibra né Scanu hanno commentato, ma il rapper nel 2016 spiegò il suo punto di vista su Facebook, dopo la prima condanna. "Pensavo di potermi esprimere come meglio credevo perché sono un artista, ma logicamente se un testo del genere viene letto in un’aula di tribunale davanti a un giudice, il risultato cambia e di molto. […] Non conosco Valerio Scanu e non mi interessa conoscerlo, sarà senz’altro una brava persona, ma artisticamente non mi coinvolge, come non mi coinvolgono tutti gli artisti che cantano canzoni scritte da altri e che sono legati a queste dinamiche discografiche e dell’ambiente dello spettacolo, oggi come oggi più che mai ripetitivo. A me di lui né della sua sessualità non importa nulla, ma mi viene spontaneo criticare, con il rap, tutte queste incongruenze che compongono questo tipo di carriera. Ci tengo a sottolineare che il mio rispetto va alla comunità LGBT italiana e a tutti coloro che si battono attivamente per i propri diritti contro l’ipocrisia e i finti moralismi, oggi più che mai. 'A me di te' non c’entra niente con le cose serie. Rap è, e rap rimane."
Ma cosa dice 'sta canzone?
Il brano è una una critica diretta ai media contemporanei e agli artisti nati dai talent, tipo Valerio Scanu. Su di lui Fibra scrive versi tipo "in verità è una donna", "mi in*ulava come i Mass Media", "aveva un tanga e quattro assorbenti" e cose così.
La sentenza apre la strada a nuove riflessioni sul confine tra provocazione artistica e tutela della reputazione personale. In un contesto in cui i testi musicali spesso spingono sul linguaggio forte o ironico, questo episodio segna sicuro un punto fermo sul fatto che anche le parole in rima possono avere conseguenze giuridiche.
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