Niente grassi animali, niente grassi vegetali, solo anidride carbonica, idrogeno e ossigeno preso dall’aria. Questa è la ricetta rivoluzionaria messa a punto da Savor, start up californiana (co-fondata dall’italiana Chiara Cecchini) che ha appena presentato “il burro all’aria“. E se vi sembra una boiata, pensate che invece Bill Gates ci ha investito 33 milioni di dollari.
Come ci si inventa il burro all’aria
Com’è nata l’idea? Dalla considerazione di quanto inquini la produzione alimentare tradizionale. Buono il burro, eh, ma sapete che per produrne un chilo vengono emessi dai 5 ai 14 kg di CO2?! Pensate quindi quanto inquina la produzione alimentare complessiva. Solo la produzione agricola di grassi – fanno sapere dalla startup – “attualmente rappresenta il 7% delle emissioni di gas serra del pianeta. Paragonabili alle emissioni di tutte le auto in circolazione“. Se pensavate che pane, burro e marmellata fosse uno spuntino innocente dovrete rassegnarvi a cambiare idea.
Quindi? I ricercatori di Savor sono andati alla base, cambiando l’origine della materia grassa. Per formare catene di acidi grassi si utilizza il carbonio, estratto dall’anidride carbonica o dai combustibili fossili. Poi viene fatto reagire a caldo con idrogeno e ossigeno, preso proprio dall’aria, e… ci siamo quasi, il risultato viene finalizzato aggiungendo acqua, sale e betacarotene. Perché al colore giallino del burro siamo tutti affezionati.
I primi feedback
Le reazioni? Grande estusiasmo. I risultati degli esperimenti sono stati pubblicati sulla rivista Nature Sustainability 33 milioni di dollari. Il fondo di Bill Gates, infatti, è nato per investire nelle idee che vogliono fermare il cambiamento climatico e questa promette di essere un buon punto di partenza, visto che per un chilo di burro all’aria vengono prodotti 0,8 g di emissioni. Un’inezia rispetto ai dati che abbiamo visto.
Quindi, con il suo bel gruzzoletto di investimenti, la Savor ha aperto uno stabilimento produttivo in Illinois e promette di rivoluzionare il mondo, un panetto dopo l’altro. Oltre all’aspetto ambientale e alla missione dichiarata di “trovare il modo più sostenibile per nutrire l’umanità“, questo tipo di produzione aggira anche un altro ostacolo dei nostri tempi: le allergie alimentari.
Alzi la mano chi non ne ha una o non conosce almeno una persona che a tavola deve fare una specie di salto agli ostacoli fra lattosio e altre sostanze. Circa l’11% degli Americani adulti ha almeno un’allergia alimentare soffre di allergie alimentari; in Italia, ce la passiamo un po’ meglio ma comunque si stima che circa il 4% degli adulti e il 6-8% dei bambini ne abbia una. Quindi con grassi prodotti senza ingredienti di origine animale o vegetale il problema sarebbe risolto.
Aria fritta? Vedremo. A me non lascia tranquillissima quando raccontano che il “carbonio è estratto dall’anidride carbonica o dai combustibili fossili“. Non vorrei proprio intuire nella mia colazione un vago retrogusto di petrolio.
Autrice: Daniela Faggion