Una volta c’era la regola d’oro: “Basta che pagano bene, poi il resto si sopporta”. Oggi, invece, pare che il mantra si sia ribaltato: per tre italiani su quattro, l’ambiente in ufficio conta più dello stipendio. A dircelo, un sondaggio condotto da Adecco, la multinazionale del lavoro. Secondo la ricerca, infatti, il 74% degli italiani non accetterebbe di lavorare in un ambiente peggiore pur di guadagnare di più. In pratica, stipendio alto ma clima tossico? No grazie, preferiamo due spicci in meno ma lavorare con persone amichevoli, gentili e rispettose. Chiediamo troppo?
Serenità first
Entrando nel dettaglio, il 60% degli intervistati mette al primo posto la serenità sul lavoro: niente guerre in open space, niente tensioni, niente frasi passive-aggressive stampate nelle mail. “Rifiutiamo ambienti ostili anche in cambio di stipendi più alti”, dicono chiaro e tondo. E un altro 14% punta invece sulla cultura aziendale, quel mix di valori, obiettivi e modo di vivere l’impresa che ormai viene percepito come parte integrante del pacchetto lavoro. Non è più solo questione di “quanto mi paghi”, ma di “con chi devo passare otto ore al giorno”. E considerando che in media un lavoratore passa più tempo con i colleghi che con la propria famiglia, la scelta ha pure un senso.
Ovviamente, non tutti hanno il lusso di rifiutare a prescindere. C’è un 17% che accetterebbe un ambiente peggiore, ma solo se in cambio ci fosse la formula dello smart working. Insomma: “Se posso lavorare da casa e non devo vedermi colleghi tossici ogni mattina, allora magari ci penso”. E poi un 9% si lascerebbe convincere da benefit particolarmente vantaggiosi: dalla palestra aziendale gratis ai buoni pasto più ricchi, fino alla macchina aziendale da sfoggiare sotto casa. Numeri comunque bassi, segno che il trend è chiaro: i soldi non bastano più a comprare la pazienza dei lavoratori.
Dal 2022 a oggi: cosa è cambiato
Per capire quanto questo cambio di mentalità sia drastico, basta guardare indietro di tre anni. Nel 2022, sempre secondo Adecco, il salario era il fattore numero uno per il 53% degli italiani, seguito dall’ambiente di lavoro (36%) e dalle opportunità di crescita professionale (25%). Oggi la situazione si è capovolta: il 59% considera il benessere in ufficio il primo criterio quando valuta un nuovo impiego, mentre una retribuzione competitiva viene messa al centro solo dal 32%. Quindi nel giro di poco tempo siamo passati dal “voglio guadagnare bene, poi vediamo” al “voglio lavorare bene, poi vediamo lo stipendio”.
Questo cambio di prospettiva non è nato dal nulla. Il sondaggio lo sottolinea: a influenzare il trend c’è il ricambio generazionale, con i più giovani che entrano nel mondo del lavoro portando dietro nuove priorità. Per loro non è più accettabile sacrificare salute mentale e qualità della vita sull’altare della busta paga. Chi ha meno di 35 anni tende a privilegiare il work-life balance, le aziende inclusive, la possibilità di fare smart working e il senso di appartenenza. Non basta più il contratto a tempo indeterminato: serve un contesto in cui non si esca dall’ufficio già distrutti alle 18.
Lo scenario futuro
Le aziende, che lo vogliano o no, dovranno adeguarsi. Perché se prima bastava promettere uno stipendio competitivo per accaparrarsi talenti, oggi i candidati chiedono molto di più. E non si tratta solo di “moda” o di “pretese da millennials”: i dati raccontano che la priorità numero uno è il benessere sul lavoro. Chi non si adegua rischia di trovarsi con uffici vuoti, alto turnover e difficoltà a trattenere le persone migliori. E sì, gli stipendi contano ancora (nessuno lavora gratis), ma il messaggio è chiaro: “Non ci basta essere pagati bene, vogliamo anche stare bene”.
Ma potrebbe andare bene anche: “Preferisco guadagnare un po’ meno, ma non dovermi imbottire di Tavor per sopravvivere alle riunioni“.