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Aumentano i lavoratori in smart working, siamo a quasi 4 milioni: capiamo quali sono regole e agevolazioni

Secondo il Politecnico è tornato a crescere... ma qualcuno lo confonde ancora con il telelavoro.
3 Ottobre 2025

Chi lo ama, chi lo odia, chi lo travisa, chi ne approfitta, chi si sente solo, chi non vede l’ora… Comunque lo si veda, lo smartworking è la rivoluzione del decennio e, per quanto spesso osteggiato dai datori di Secondo l’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, dopo l’assestamento nel 2024, in Italia il lavoro da remoto è tornato a crescere ed entro la fine dell’anno coinvolgerà 3,75 milioni di lavoratori cosiddetti “agili” (sportivi o meno).

Saliscendi

Anche se tutti ci ricordiamo lo smartworking come un “regalo” del Covid, in realtà in Italia esiste una legge in merito sin dal 2017, quando i fortunati a poterlo praticare erano appena 250 mila. Otto anni dopo – una pandemia nel mezzo – lo “Smart” continua a essere molto più diffuso nelle grandi aziende, che si calcola abbiano quasi 2 milioni di lavoratori in modalità agile. Invece, le piccole e medie imprese (PMI) sono passate da 570 mila a 520 mila dipendenti che possono scegliere come e dove lavorare. Stabili i numeri tra le microimprese (625 mila lavoratori) e nella Pubblica Amministrazione (500 mila).

A livello europeo, l’Italia può certamente fare meglio di così. Secondo le statistiche di Eurostat, nel 2019 solo il 3,6% dei lavoratori italiani operava abitualmente da remoto, contro una media dell’Eurozona del 6% e valori nettamente superiori in Paesi come i Paesi Bassi e la Finlandia (oltre il 14%). Però, la spinta della pandemia nel 2020 ha dato una spinta decisiva: oltre 6,5 milioni di persone hanno lavorato da casa in quell’anno (e quindi poi si sono chieste chi glielo faceva fare di tornare in ufficio).

Il Rapporto BES 2023 dell’Istat conferma la tendenza: circa il 12% degli occupati italiani lavora stabilmente da casa, un dato ancora molto superiore rispetto al periodo pre-Covid. Attualmente, nelle grandi aziende si lavora in media 9 giorni al mese da remoto, 7 giorni nella PA e 6,6 giorni nelle PMI. Il 35% delle grandi imprese e il 43% delle amministrazioni pubbliche dichiarano di voler mantenere questa modalità anche in futuro.

Ma è smart o telelavoro?

Se la categoria è quella del lavoro flessibile, esistono due modalità spesso confuse ma molto diverse: telelavoro e smart working. Tutte e due permettono di svolgere le proprie mansioni fuori dall’ufficio, ma sono molto diverse nel grado di autonomia, regolamentazione e struttura.

Il telelavoro è la forma più tradizionale di lavoro a distanza: il dipendente mantiene gli stessi orari, compiti e vincoli contrattuali del lavoro svolto in presenza, ma può svolgerlo a casa sua, in un coworking o in un’altra postazione concordata. Esatto, perché la postazione deve essere fissa, conforme alle norme di salute e sicurezza sul lavoro, e il datore di lavoro si deve fare carico degli eventuali costi di adeguamento (tipo la scrivania, la stampante e la connessione internet).

La Legge 81/2017, invece, ha formalizzato il lavoro agile in Italia come una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato, concordata tra azienda e dipendente e, soprattutto, senza vincoli fissi di luogo né di orario, se non quelli previsti dalla normativa generale (come il massimo delle ore lavorative giornaliere o settimanali). In questo modello, ciò che conta sono gli obiettivi, le scadenze e i risultati, ma se voglio scrivere dal bagno, dalla cantina o dal bar sotto casa sono fatti miei. E le aziende sono ben felici perché la postazione di lavoro – nella maggior parte dei casi – è a carico del lavoratore. Facciamo uno schemino?

Se dico…TelelavoroSmart Working
Luogo fissoNo
Orari rigidiNo (ma con limiti legali)
Controllo del datoreAltoBasso, orientato ai risultati
PostazioneFissa, attrezzataVariabile, a carico del lavoratore
AutonomiaLimitataElevata
Riferimenti normativiAnni ‘90Legge 81/2017

Dove gira il money

Oltre a cambiare il modo di lavorare, lo Smart ha un impatto diretto sui bilanci di aziende e lavoratori e su quello che si definisce “costo del lavoro”. Secondo l’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, l’adozione del lavoro agile può ridurre le spese aziendali fino al 50%, soprattutto nelle realtà di grandi dimensioni, con un risparmio in media fra i 500 e i 2.500 euro l’anno per dipendente.

Magia? Ma no, semplicemente diminuiscono:

  • Costi immobiliari: meno postazioni fisse, meno spazi da affittare o mantenere. Le scrivanie e le sale riunioni si prenotano con l’app come il corso di pilates… e se ti dimentichi stai al bar che tanto non si sconvolge nessuno;
  • Utenze e servizi: meno spazi usati vuol dire meno elettricità, acqua, climatizzazione, manutenzioni, pulizie e mense. Anche servizi come la sicurezza e la vigilanza possono essere ridimensionati.

Attenzione, però. Nulla si crea e nulla si distrugge, quindi i costi non sono spariti del tutto ma semplicemente passati nelle tasche dei lavoratori. Secondo Altroconsumo, nel 2025 uno smart worker che lavora da casa due giorni a settimana spende circa 150 euro in più all’anno solo per luce e gas. La cifra sale se si lavora più giorni da remoto e una coppia in cui entrambi i partner lavorano da casa può arrivare a 365 euro in più l’anno di consumi energetici, elettrodomestici, riscaldamento e climatizzazione. La stima tiene conto della forma “ibrida” oggi più diffusa, che alterna casa e ufficio. Anche se i costi domestici aumentano, alcuni vantaggi compensano ampiamente la spesa extra.

Meno spostamenti, più soldi e tempo

Uno dei risparmi più immediati è quello legato alla mobilità. Per chi si sposta in macchina, meno chilometri significano meno carburante, meno manutenzione e – perché no? – meno stress in coda. Chi usa i mezzi pubblici può risparmiare sull’abbonamento, con un beneficio medio annuo di 900 euro a smart worker nel 2024. Un risparmio importante, soprattutto nelle grandi città.

Ma il vantaggio più apprezzato resta il tempo guadagnato. Due giorni a settimana in smart working equivalgono a circa 80 ore libere in più ogni anno: tempo che può essere dedicato alla famiglia, alla cura personale o, in generale, ai ca**i propri. Mica male.

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