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Dove va a scuola un potenziale futuro Imbruttito? Come si aiuta nella formazione un nano plusdotato? La risposta è scontata, eppure è proprio quella: a Milano.

Abbiamo scoperto che in città esistono le due (uniche) sedi italiane di un serissimo centro psicologico e logopedico che si occupa di certificare e seguire i casi di plusdotazione o, meglio, di alto potenziale cognitivo, fornendo strumenti utili alle famiglie e ai loro baby gifted per la crescita, quando questa si sviluppa con estrema precocità. Si chiama Amamente e accoglie piccoli genietti dai 6 anni in su che, sempre in maggior numero, si presentano a chiedere sostegno e supporto nei centri di via Calvi 5 e viale Monza 91 accompagnati dai loro genitori, spesso più turbati che non orgogliosi da queste attitudini di cui i piccoli sono evidentemente dotati.

Come spiega la Dr.ssa Anna La Guzz di Amamente, la loro richiesta primaria è sempre quella di un ausilio per creare un corretto rapporto di interazione con i figli; spesso, infatti, raccontano “di esser stati rimproverati dagli insegnanti perché colpevoli di aver assecondato troppo la loro necessità di imparare” e che, dato che gli educatori non sempre “riconoscono la plusdotazione, pensano di aver a che fare con uno studente un po’ troppo curioso per la sua età”. In realtà questo comportamento è considerato assolutamente controproducente, tanto da generare, in alcuni casi, difficoltà che possono portare all’abbandono scolastico.

Questa condizione, non a caso, è molto frequente tra i cervelloni di cui un buon 63% non riesce a raggiungere il successo negli studi. Lo sottolinea la ricercatrice e docente universitaria Joyce VanTassel-Baska che fa riferimento anche a una specifica normativa secondo la quale qualsiasi “deviazione dalla norma che implichi necessità particolari di insegnamento per garantire un apprendimento significativo” è da considerarsi un BES, un bisogno educativo speciale.

Questa attività, dunque, ha un valore inestimabile per la crescita dei piccoli dalla grande intelligenza, affinché diventino adulti capaci e in grado di sfruttare a pieno le proprie potenzialità, se correttamente guidati. Conclude la Dr.ssa La Guzz: “Si parla di plusdotazione da così poco tempo che per il momento è impossibile anche avere delle statistiche accurate sul fenomeno in Italia e in Lombardia. Siamo consapevoli di aver aperto una strada, almeno nel nostro Paese. Conciliare un QI di 130 alla vita di un ragazzino non è facile, ma noi vogliamo raccontare che non è impossibile”. E noi ci auguriamo che questa prima esperienza milanese, che si conferma un passo avanti nell’attenzione a tematiche delicate, possa esser la spinta per nuove iniziative nel resto del nostro Paese.

Articolo scritto da Maria Teresa Falqui

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