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Non sei di Milano se… non hai mai attraversato il Ponte delle Sirenette (e non conosci la sua storia)

Lo vediamo spesso; chi abita in Sempione - magari - anche più volte al giorno. Da veri boomer abbiamo ricordi 'bollenti' sul ponte delle Sirene, ma di come sia finito lì e del perché, molti non sanno una beata mazza. Scopriamolo!

Uè Imbruttiti, ma quante volte abbiamo attraversato quel ponticello messo lì, nel bel mezzo di Parco Sempione?

Magari andando di fretta, sulla strada di andata o ritorno dall’office. Altre volte con più calma, tipicamente nei weekend, oppure bigiando la scuola. Ce ne siamo serviti per broccolare alla grande, inventandoci mille storie romantiche legate a quel passaggio.

Noi poveri ingenui in piena crisi ormonale, pur di strappare un limone, raccontavamo sicuri della leggenda secondo cui chi si scambia un bacio sul Ponte delle Sirenette si amerà per sempre.

In realtà forse ignoravamo bellamente e continuiamo a ignorare la sua storia. Quando è stato realizzato? Da chi? È sempre stato lì oppure è stato spostato, e perchè?

Visto che non fa mai male, abbiamo iniziato dando una sbirciata a Wikipedia. Lì abbiamo scoperto che il ponte fu inizialmente commissionato da privati per essere posto sull’allora Naviglio, in quella che oggi si chiama via Uberto Visconti di Modrone (all’epoca Via San Damiano). Il progettino lo fece l’architetto Francesco Tettamanzi tra il 1840 e il 1842 e l’opera fu realizzata dalla ditta Rubini-Scalini-Falck e C. di Dongo, ridente cittadina in provincia di Como. Alle decorazioni, realizzate su modelli in gesso, pensò il sciur Benedetto Cacciatori. Su ognuno dei piloni alle estremità venne posta una sirena con un remo in mano. I pilastri erano decorati con fregi in ghisa.

Neanche il tempo di tirare su il cantiere che gli umarell ottocenteschi già se la ghignavano soprannominando l’opera il ponte delle sorelle Ghisini, visto il materiale con il quale erano realizzate le decorazioni. Dopo i pomeriggi passati all’osteria e un paio di bicchieri di rosso di troppo, il ponte diventava i sorei del pont di ciapp, facendo un po’ di confusione tra i provocanti seni scoperti delle quattro fanciulle e le molto meno attraenti forme posteriori di pesci con una doppia coda.

pontedellesirenette.jpg

Ridendo e scherzando si arrivò al giorno dell’inaugurazione official, precisamente il 23 giugno 1842. Era un giovedì e a tagliare il nastro ci pensò nientepopodimeno che Ranieri Giuseppe d’Asburgo-Lorena, viceré del Regno Lombardo-Veneto.

Alcune fonti ben informate riportano che già durante l’inaugurazione scoppiò lo scandalo, a causa delle quattro statue in ghisa delle sirene, così sensuali e senza veli, esposte agli sguardi pudichi dell’epoca. Pare che fosse talmente grande l’imbarazzo suscitato che le sciure si coprivano il volto mentre lo attraversavano. 

Andando oltre al gossip e al chiacchiericcio ottocentesco, pare che il ponte, nonostante le bellezze artistiche, lì dove era messo se lo filassero davvero in pochi. In più nel 1930 si decise di interrare il Naviglio per ragioni sanitarie. Ergo il ponte non serviva più a una beata fava.

Al Comune di Milano qualcuno però capì il valore artistico dell’opera e la necessità di preservarla a tutti i costi. Il Ponte delle Sirenette fu smontato pezzo per pezzo e ricostrutito (in versione più corta) nella sua posizione attuale, all’interno di Parco Sempione

Durante i lavori parte della ringhiera si ruppe e fu necessario sostituirla con del ferro tubolare.

Le sventure non si limitarono a quello. Durante i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale una delle sirene andò distrutta, mentre una seconda fu rubata nel 1948, rendendo necessaria la realizzazione di due copie in bronzo.

Basta così Imbruttiti, con questo veloce upgrade culturale abbiamo assunto nuove consapevolezze, quelle che ci servivano. La prossima volta sul Ponte delle Sirenette, pensiamoci mentre facciamo andare la lingua. 

«È lavoro uscito da quest’officina il piccolo ma elegante ponte in ferro sul naviglio di Milano fra il ponte di Porta Tosa e quello di San Damiano. I bassi-rilievi e le statue furono modellate sui gessi del riputato scultore signor Cacciatori; e solo dispiace che per questo grazioso lavoro sia stata scelta una ubicazione così poco convenevole, a tal punto che ei rimane quasi inosservato.»

[Descrizione del 1850]

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