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Fatturare, fatturare, fatturare. L’imperativo è sempre il solito. Dopo due anni di grande crisi dovuta alla pandemia e in un contesto storico ancora molto negativo, fortemente influenzato dalla crisi derivante dalla guerra russo-ucraina, i brand italiani hanno ricominciato a far girare vorticosamente il cash. Ad analizzare la situa è stato l’ultimo report di Brand Finance, che ha descritto una netta ripresa. Era ora.

In generale, il valore complessivo dei principali 100 marchi italiani è cresciuto del 14%, superando addirittura – del 2% - i valori pre-Covid. A trainare la ripresa sono stati il comparto assicurativo e quello dell’abbigliamento con un guadagno, rispettivamente, del 18% e del 17%. Anche i marchi di food & beverage hanno guadagnato il 9%.

Fondamentali per la crescita generale sono stati gli exploit di singoli marchi, soprattutto nel mondo del luxury. Al top della classifica c’è Gucci, che con la crescita del 18% del valore del suo brand ha raggiunto un value totale di 15,6 miliardi di euro. Mica male. Tanta roba anche Dolce&Gabbana, Moncler, Fendi, Ray-Ban e Bottega Veneta, il cui valore è aumentato in media del 30%. Dolce&Gabbana addirittura del 57%. Nella top 10 dei brand con maggior valore figurano anche Tim, Conad e Poste. Quest’ultimo figura addirittura nella top 25 globale. Eh? Ma proprio quelle Poste? Ebbene sì. Il fatto è che nel settore assicurativo noi italiani siamo al top, e in questo campo Poste ha un’influenza paragonabile a quella di Apple nel campo tecnologico. Assurdo.

Comunque, la chiave per una brand identity forte, secondo il grande capo di Brand Finance Massimo Pizzo, è una forte attenzione alla sustainability: “I marchi del lusso hanno avuto la capacità di rimanere vicini ai consumatori anche grazie alla sempre maggiore attenzione alla sostenibilità e a uno scopo che andasse oltre il profitto. Oggi tutte le imprese ne parlano, ma quelle che si stanno realmente impegnando a integrarla nella strategia sono veramente poche. Per questa ragione, riempire gli spot di slogan sulla sostenibilità è probabilmente un boomerang per molte aziende”. Insomma, ocio a chi parla solo per dare aria alla bocca.

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