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Molti cervelli in fuga da Milano poi ci ritornano, ma il bilancio è comunque negativo

Ci sono un botto di ragazzi e ragazze che, dopo l'esperienza all'estero, tornano nella City. Il problema è che tasse, stipendi e costo della vita non aiutano a trattenerli.

I cervelli milanesi partono, poi però, come gli uccellini, ritornano al nido. Belli gli Stati Uniti eh, meravigliosa la Norvegia (anche se l’aperitivo lì non esiste). Però, come si sta a Milano, da nessuna parte. Tutto straordinario, fino a quando non ti accorgi che con lo stipendio di qui in realtà non puoi permetterti neanche una spesa decente all’Esselunga. Vabbè, ma perché ‘sto prologo?

Perché, contrariamente alla tendenza comune di emigrare verso il Nord Europa o gli Stati Uniti, va detto che moltissimi milanesi alla fine decidono di tornare qui a investire le competenze acquisite all’estero. Il problema è che poi, però, se ne pentono alla grande

Facciamo qualche conto, riportando un’analisi de Il Giorno. Ogni anno, in media, circa 3mila persone trasferiscono la loro residenza dall’estero a Milano, che rimane un polo attrattivo per coloro che ritornano in Italia dopo periodi di studio o lavoro all’estero. Facendo un check generale, tra il 2018 e il 2022, ben 15.370 milanesi residenti all’estero hanno scelto di ritornare al casa. Nel 2022 si è registrata una notevole impennata con 5.303 rientri, probabilmente a causa della pandemia. We, che numeroni!

Tutto bellissimo? Mmm, no. C’è una nota dolente, purtroppo. Nonostante l’aumento dei rientri, il saldo migratorio di Milano rimane negativo. Ogni anno, in media, 5mila persone lasciano la City per trasferirsi all’estero, e di questi circa 3mila sono under 30. Questi si uniscono agli altri 80mila giovani italiani già operativi all’estero. Un negative balance, tra partenze e ritorni, che si traduce in circa 2mila persone all’anno che lasciano Milano per cercare stipendi e opportunità di lavoro oltre la Circonvalla.

Maurizio Del Conte, esperto di diritto del lavoro alla Bocconi e presidente di Afol Met, suggerisce di concentrare le risorse proprio sulle nuove generazioni: “Bisognerebbe focalizzare le risorse sui giovani e operare una seria riforma delle tasse sul lavoro con benefici per tutti – ha spiegato, come riportato dal sito del quotidiano – perché, nonostante gli incentivi, l’attrattiva dell’estero resta troppo forte e l’aumento del costo della vita allinea Milano a città europee concorrenti dove, però, gli stipendi restano molto più alti”. Parole sante, perché, fun fact, è cruciale frenare la fuga di risorse qualificate offrendo condizioni di lavoro se non al top, almeno dignitose.

Proviamo quindi a mettere al centro le esigenze dei nostri carissimi G-ggiovani? Oh consiglio, eh…

Autrice: Francesca Tortini

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