Raga, ma voi frequentatori assidui della movida, vi siete accorti che negli ultimi anni il mito Spritz e patatine ha passato il testimone a calici di vino e taglieri di salumi? Ebbene sì, o almeno così parla il trend, che poi è quello che si vede e si sente di più in giro tra i locali. La Milano da Bere degli spot Ramazzotti anni Ottanta sembra che abbia perso la wave, anche se nei primi del Duemila, dopo il sunset time, nella city c’era più gente con un gin tonic in mano che a casa a guardare la tv. Oggi, però, sembra che la movida abbia subito un drastico cambiamento, preferendo ai cocktail bar con led e bicchieri pieni di ghiaccio le vinerie con calici di rosso e taglieri di natural food.
Tutto molto strano, ma alla fine c’è sempre una spiegazione. Anzi, per essere corretti, ce ne sono diverse. Nella circonvalla girano molti meno esperti bartender e pare che, ad oggi, sia più facile istruire una persona a recensire un buon vino che spiegargli come si mixa. Una consolazione per quelli che sanno fare uno Spritz da paura, ma vanno in sbatti quando il cameriere arriva con una bottiglia di good wine da provare. Altra considerazione, sicuramente molto valida visto che si tratta di Milano, è lo scontrino medio.
Va bene tutto, location, experience e via dicendo, ma quando pagate un Mojito 15 euro, alla fine la prospettiva del calice di rosso acquista un certo fascino. Altro aspetto da non sottovalutare è il periodo del lockdown, in cui era molto più facile farsi un bicchiere di vino che improvvisarsi bartender home-made. Insomma, di ragioni ce ne sono parecchie, ma per essere sicuri di capire cosa stia accadendo davvero, ci siamo affidati a qualcuno che la Milano da Bere la conosce bene. Vediamo cosa ne pensano i ragazzi dell’Enoteca Naturale, che servono gli imbruttiti da quando la hit dell’estate era "Bailando" di Enrique Iglesias. Iniziamo parlando della clientela milanese: cosa è cambiato negli ultimi anni?
"Noi somministriamo al pubblico di Milano vini naturali da 11 anni, ma rispetto al nostro inizio, sembra passato un secolo. Prima abbiamo avvicinato i pentiti bevitori di vino convenzionale e successivamente i nativi 'naturali', per ragioni d’età. Piano piano sono arrivate anche le nuove generazioni, che hanno una consapevolezza diversa. Si avvicinano al vino naturale per la sua sostenibilità
ambientale in primo luogo e, nel nostro caso, anche sociale, visto che offriamo tirocini formativi a persone richiedenti asilo. Spesso si lasciano attrarre dalla vivacità delle etichette (sì, l’immagine conta ahimè, anche da queste parti). Poi ci sono anche i clienti un po’ più nerd, che vogliono bere solo certe etichette perché vanno di moda e fa figo."
Quali sono, secondo voi, le ragioni per cui la clientela milanese oggi preferisce il vino ai cocktail? "C’è da dire che il vino può essere un prodotto molto trasversale, anche meno impegnativo, adatto ad accompagnare varie fasi della giornata. Si può andare dall’aperitivo, alla cena e all’after dinner. Anche in questo caso potrebbe avere un suo peso l’importanza della sostenibilità ambientale e, se bevuto con moderazione, a differenza dei cocktail non si fa ricordare la mattina dopo. In ogni caso, un Martini non si rifiuta mai…"
Quali sono gli svantaggi, secondo voi, per chi apre un cocktail bar a Milano oggi? "Sicuramente c’è una grande competizione. Milano ha una vasta scelta di cocktail bar, dai locali più storici a quelli più innovativi. La concorrenza è agguerrita e riuscire a emergere può risultare una sfida significativa.
Anche lo scenario delle enoteche, negli ultimi due anni, è diventato più leggero, forse sulla scia della nuova tendenza che vediamo un po’ ovunque nel mondo dove in un mucchio di wine bar si organizzano dj set e degustazioni di vini. Fantascienza solo qualche anno fa".
Insomma imbruttiti, il concetto tradizionale di wine bar si è evoluto, seguendo di più i trend e adattandosi alle esigenze delle nuove clientele. Voi siete tra i seguaci della nuova wave o preferite ancora la serata old school tra cocktail e patatine?
Autore: Luca Sesini
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