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Vi siete accorti che le aziende di sharing se ne stanno andando da Milano?

C'entrano vandalismo, costi e concorrenza.

Qualcuno di voi si è affezionato a qualche servizio di sharing?! No, perché qui spariscono tutti anche senza la nebbia. Bici, monopattini, motorini condivisi potrebbero essere presto un lontano ricordo. Negli ultimi vent’anni abbiamo visto arrivare e sparire più flotte di mezzi che fidanzati dopo la terza uscita. Gli scooter rossi di Enjoy? Spariti. Le bici gialle di Ofo? Sparite. I motorini di Acciona, Zig Zag, Cityscoot e MiMoto? Spariti pure loro. E vogliamo parlare dei monopattini di Bird, Helbiz, Voi e GoVolt? Già dimenticati. Ultimo a salutare è stato Bolt, che a gennaio ha detto “Raga, ci si vede”, lasciandoci a piedi. Il motivo? I conti non andavano, nemmeno a piedi. 

Milano e lo sharing: un amore complicato

Milano è stata la prima città italiana a provarci con lo sharing. Aveva cominciato nel 2001 Legambiente con un servizio di car sharing, mentre il Comune aveva già in giro le sue flotte di bici a noleggio. Il vero boom è arrivato nel 2013 con le mitiche Fiat 500 rosse di Enjoy. Da lì, è partita la giostra: monopattini? taac! bici? taac! motorini? taac! A ognuno il suo spostamento. Milano è diventata la capitale dello sharing, superata solo da Roma per numero di monopattini.

Quanti mezzi ci sono oggi? Spoiler: meno di prima

A una botta di conti oggi, nel 2025, ci sono 14mila biciclette (erano 18.600 nel 2023, quindi un bel taglio); 1.850 motorini, mille in meno rispetto al 2023; quasi 2.500 auto, sempre mille in meno. Il motivo? Cityscoot ha mollato la presa lasciando una scia di motorini sui marciapiedi come souvenir, mentre le auto in sharing sono calate forse anche perché nel frattempo hanno aperto due nuove linee della metro. Storia da montagne russe quella dei monopattini: nel 2019 erano 6.300, nel 2024 erano scesi a 1.600, ora sono tornati a 6mila. Perché? Colpa delle regole ad minchiam. Prima li volevano, poi hanno detto “troppi”, poi li hanno regolamentati e ora boh, vediamo quanto durano.

Perché le aziende di sharing se la danno a gambe

La verità è che mantenere una flotta di sharing costa un botto.

Ricarica e manutenzione: se pensavate che fosse tutto automatico, sbagliato. C’è gente che ogni giorno deve raccattare questi mezzi, ricaricarli, pulirli e rimetterli in strada. Non è magia, è fatica.

Concorrenza spietata: il mercato è saturo, i prezzi non possono salire troppo, e quindi chi non ha spalle larghe chiude bottega.

Vandalismo totale: a Milano le bici e i monopattini non fanno una bella fine. Rubati, distrutti o direttamente buttati nei Navigli come se fossero monete per esprimere desideri. 

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Quindi, ‘nduma?

Il Comune ha messo dei paletti: massimo 3 operatori per i monopattini, massimo 2mila mezzi a testa. Ok, ma intanto tra regolamenti assurdi e aziende che si fondono come il cioccolato a Ferragosto, il settore è più instabile di un monopattino sul pavé. Gli unici che sembrano resistere sono i giganti: Cooltra per i motorini, Lime per le bici e i monopattini, Enjoy per le auto. Gli altri? Beh, preparatevi a nuovi loghi, nuovi nomi e magari nuove scomparse. Milano è così: oggi ti dà lo sharing, domani te lo toglie. Intanto, se vedete un monopattino in mezzo alla strada, raccoglietelo: potrebbe essere una specie in via d’estinzione.

Autrice: Daniela Faggion

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