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Sanremo 2025, l’Accademia della Crusca bastona i testi delle canzoni

Fedez deprimente, Modà pesantissimi, Elodie pessima.

L’Accademia della Crusca non l’ha toccata pianissimo commentando i testi delle canzoni in gara al Festival di Sanremo 2025. I custodi della lingua italiana si sono trasformati in professori con il registro in mano, pronti a bocciare o promuovere i nostri cantanti preferiti.

La pagella della Crusca: top e flop

Il professor Lorenzo Coveri, accademico della Crusca e linguista di fama, ha passato al setaccio i testi dei brani sanremesi. Il verdetto? “Canzoni piatte, voti piatti”. Insomma, niente fuochi d’artificio linguistici quest’anno. 

Ma vediamo gli artisti promossi a pieni voti:

Brunori Sas con “L’albero delle noci”: “È il testo di una vera canzone d’autore: letterario, con immagini sofisticate, figure retoriche di livello. Interessante, intimo, autobiografico, nel parlare della gioia e della responsabilità di mettere al mondo una figlia»”. Voto: 9. 

Lucio Corsi con “Volevo essere un duro”: “Anche lui spicca: ha il testo più fresco di tutta la rassegna: 9 anche a lui. Usa immagini inattese, giovanilismi e gergo in modo intelligenti, l’ironia con la storia degli occhi truccati di nero (per i pugni), immagini valide, giochi di parole. Brillante”.

Shablo feat. Guè, Joshua e Tormento con “La mia parola”: “Originale, esce dai binari”. Voto tra il 7 e l’8 secondo l’accademico.

Bocciati senza appello:

Fedez con “Battito”: “Un testo deprimente che parla di depressione, si salva qualche giochetto di parole sui nomi dei farmaci, poi rime discutibili. Cita Mary Poppins col cianuro al posto della pillola che va giù. Mi cadono le braccia“. 

Modà: “Versi pesantissimi, lunghissimi, più che una canzone sembra la predica di un prete. Convivere con il senso di che sarebbe stato / parlare di coraggio quando sai che non lo hai avuto… siamo al limite dell’incomprensibile. Fa cadere le braccia“. 

Marcella Bella: “Dici che come me non ne trovi nessuna, si vabbè poi però lo ripeti ad ognuna… Se questo è un testo originale. Siamo fuori strada: 4”.

Elodie con “Dimenticarsi alle 7”: “Testo pessimo, come se parlasse a telefono. Prosa di una banalità sconcertante: nelle parole non c’è ritmo, magari ci sarà nella musica”.

Tony Effe con “Damme ‘na mano”: Nonostante le aspettative di trasgressione, il brano è una “stornellata che non fa male a nessuno”. Insomma, niente scandali.

Giorgia: “La voce più bella di tutto il festival, ma un testo da canzonetta classica: dov’è lo scarto, la sorpresa, rispetto alla lingua comune? Il testo non scatta, non funziona. Metafore rozze come gli occhi che fanno da luna, i ricordi come un ascensore. Prende la sufficienza solo perché è Giorgia e perché c’è molto di peggio, come Massimo Ranieri”.

Massimo Ranieri: “Una serie di metafore da ridere. Gli dò 5 solo perché è Ranieri e la canterà bene”.

Francesco Gabbani con “Viva la vita”: “Mi aspettavo molto di più da lui. Invece il testo è banale, tutto virato sull’ottimismo alla Jovanotti. Niente di nuovo: la vita, il battito, consumarsi, assomigliarsi. Voto? Senza infamia e senza lode. In passato è stato più originale e frizzante”.

Simone Cristicchi con “Quando sarai piccola”: “Mah, la storia del bambino che diventa “genitore” per i genitori anziani non è niente di ché. Anche se avrà successo come Mr Rain l’anno scorso. Sentimentale, quasi 7”

Un Festival senza scossoni linguistici

Insomma, secondo Coveri, quest’anno Sanremo presenta “canzoni piatte” con un “linguaggio familiare popolare e colloquiale”. Un Festival a “zero tasso rock” e con una “quota limitatissima di cantautori“. I rapper? “Per niente trasgressivi”. Insomma, tutto molto mainstream. La causa di questa omogeneità potrebbe essere attribuita al fatto che “ci sono sempre gli stessi 11 autori per due terzi dei brani”. Un tema, senz’altro.

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