
Non tutti gli spin-off sono un flop. Ecco magari non Angel che mai potrà eguagliare Buffy o Private Practice che resterà sempre la cugina sfortunata di Gray's Anatomy, ma per quanto riguarda la moda abbiamo un nostro eroe che ce l’ha fatta. Parliamo di Stone Island, marchio fondato da Massimo Osti. E se vi è piaciuta la saga C.P. Company anche questa non deluderà.
Il Massimo, già fondatore di C.P. Company, nel 1982 decide di inventarsi qualcosa di nuovo. Prende la "tela stella", il tessuto dei camion militari, e dopo averli lavati (thanks) e trattati, decide di farci una collezione. Ai capi, 7 giacche in tutto, viene applicata un'etichetta in tessuto con ricamata la rosa dei venti, il cosiddetto "badge", quando ancora era una cosa figa e non un tesserino di plastica. Funzionalità e innovazione distinguono questo nuovo marchio, ma Osti dopo appena un anno decide di vendere il 50% delle quote a Carlo Rivetti.

Ci ricordiamo tutti questa parte? Ok vi briffo veloci (tipo lettura 2x dei vocali). Nel 1986 Osti cede Stone Island, ma resta come designer. Rivetti intanto crea la Sportswear Company S.p.A che segue sia Stone Island sia C.P. Company. Massimo lascia C.P. company e segue solo Stone Island, ma regge fino al 1995 quando dice adieu anche alla carica di direttore creativo. Ripartiamo a velocità normale con Rivetti che sceglie Paul Harvey come guida stilistica del marchio e per 24 collezioni è lui a dirigere il timone della creatività.
Nel 2005 nasce la linea kids e nel 2008 nuovo plot twist. Il Carlo da Ad e presidente del gruppo decide di diventare anche direttore creativo. Uno e trino insomma. Vabbè non esageriamo, diciamo che dirige un gruppo di designer rendendo Stone Island un marchio ancora più all’avanguardia per l’esplorazione dei tessuti e ovviamente le formule colore (FYI: The Colour Laboratory di Stone Island ha un archivio di oltre 60mila ricette di colori, stica..).
Non distraiamoci però.
Nello stesso anno viene lanciato anche il sito e-commerce che raggiunge 45 paesi. Nel 2010 Rivetti sgancia C.P Company e decide di tenere sotto Sportswear Company solo Stone Island, l’anno dopo i ricavi sono di 53 milioni. Il vento è sempre in poppa e per Rivetti la qualità dei suoi capi è il vero traino dell’azienda. Nel 2016 supera i 109 milioni di fatturato e sempre inprospettiva di crescita arriva un nuovo passaggio di consegne. Nel 2017 Sportswear Company vende il 30% delle azioni alla società di investimenti Temasek, con sede a Singapore. Fatto curioso è che giusto qualche mese prima Temasek è entrata anche nel capitale di Moncler S.p.A di Remo Ruffini.
A dicembre 2020 Stone Island annuncia in maniera molto prevedibile il proprio ingresso nel Gruppo Moncler. C’è però la sorpresa. L’operazione non è un semplice ingresso, ma una vera e propria acquisizione che vede siglare un accordo tra i due brand da 1,15 miliardi. Un iniziale 70% passa subito al gruppo di Ruffini, mentre il restante 30 viene chiuso con diversi passaggi un po’ intricati che sembra di leggere l’albero genealogico della famiglia Targaryen.
Il succo è che in poco tempo la Sportswear Company e di conseguenza Stone Island diventano di Moncler. Nel 2023 altra news, Robert Triefus è nominato CEO di Stone Island, dopo essere stato il CEO di Gucci Vault nella divisione del brand nel metaverso e nel gaming. Un simpatico nerd con il gusto per la moda, insomma. Triefus si unisce a Stone Island a giugno, riportando al Consiglio di amministrazione di Sportswear Company dove siede il nostro Carlo Rivetti.
Non è ben chiaro cosa comporti questo ruolo di amministratore non esecutivo, come scrive Moncler sul sito, ma ha una poltrona nel consiglio. Ma questa unione s’era da fare? A guardare i numeri non ci sono troppi dubbi. Il gruppo Moncler ha chiuso a quota 3,1 miliardi di euro il 2024 con il solo Stone Island che ha registrato ricavi per 401,6 milioni di euro. Ruffini, commentando l’inizio del 2025 ha detto: "Abbiamo fiducia nella nostra capacità. Sognare sempre, per far sognare". Poesia.
Seguici anche su Instagram, taaac!