
Tennis nuovo vanto italiano. E non parliamo solo dei nostri top player, ma di un movimento che negli ultimi 20 anni da un bassotto un po’ vecchiarello è diventato un cucciolo di alano. Ci teniamo a precisare che amiamo entrambi i pelosetti, ma è per dare un’idea del cambiamento.
Riprendendo le fila del discorso, in occasione del World Tennis Day (oh guarda una ricorrenza, che caso eh?) vediamo un po' come questo sport è tornato grande. Dopo il boom degli anni ’70 con i miti di Panatta, Barazzutti, Bertolucci e Zugarelli e la vittoria della coppa Davis, palline e racchette spopolano in tutta Italia. Giocare a tennis fa figo e, ammettiamolo pure, il cicchetto al circolo dopo una partita ha il suo perché. Si veleggia bene anche negli anni ‘90, quando Agassi e Sampras fermano il traffico a New York e una me ragazzina si sentiva speciale dopo aver preso una Coca Cola a fine allenamento. Ok, era su un campo di cemento e se sbagliavi mira ci lasciavi le rotule. Ma who cares?
Era bello. Pure la rivalità Federer vs Nadal ha creato i suoi adepti, ma in tutto questo il tennis italiano anno dopo anno inizia a zoppicare e fatica a stare al passo. Diciamo pure che si trascina sui gomiti.
Nel 2001 i tesserati sono appena 130 mila con un fatturato da 15 milioni. Tra poco fatturava di più il fruttivendolo di via Fauchè. Che fare quindi? Angelo Binaghi arriva proprio quell’anno a capo della federazione e ribalta tutto dalle fondamenta. Primo step rivoluziona il sistema delle squadre federali, andando a premiare i vivai locali. Passa poi all’effettiva visibilità del tennis, non più privilegio per i paganti, ma disponibile anche in chiaro con SuperTennis a partire dal 2008.
Il resto? Arrivano le nostre campionesse a dare una scossa. Francesca Schiavone al Roland Garros, Flavia Pennetta agli Us Open, Errani e Vinci a Wimbledon fanno tornare a sognare e preparano il terreno per il dopo. E il dopo è un boato. Una nuova generazione di bravi ragazzi si prende il suo posto tra i grandi. Da Matteo Berrettini a Jasmine Paolini fino a Jannik Sinner il tennis è sempre più azzurro. Un po’ come il cielo sopra Berlino. Le vittorie fanno bene al morale e agli affari, tutti sanno e tornare sul tetto del mondo per ben due volte in coppa Davis aiuta. Eccome.
Anche avere un italiano numero uno della classifica ATP non è male, dai. Jannik è quel ragazzo un po’ taciturno che fa parlare il campo e zitto zitto te lo ritrovi campione. In campo femminile è il talento e il sorriso contagioso di Jasmine a scaldare. Un concentrato di energia e caparbietà che la portano al numero 4 al mondo. E se i nostri tennisti si distinguono a livello internazionale, la federazione tennis e l’Italia non stanno a guardare. Oltre agli internazionali di Roma, che ora si spalmano su 14 giorni e per un certo periodo si era parlato pure di possibile quinto Open, l’Italia lotta per uno spazio nei grandi eventi. E lo ottiene. Dalla Coppa Davis fino al 2027 alle ATP Finals fino al 2030 divise tra Torino e Milano si segnano punti e si fanno soldi, soldi, soldi… clap clap!
Solo le ATP finals hanno generato 503 milioni di euro e un valore aggiunto per il Pil di 243 milioni, mentre gli Internazionali di Roma hanno avuto un impatto di 630 milioni nel 2023 e per quest’anno si promettono numeri ancora migliori. In prospettiva ci si aspetta che entro il 2027 il tennis abbia un impatto economico di circa 2 miliardi di euro. E i tennisti della domenica? Si contano oltre 1 milione di tesserati e un fatturato che supera i 200 milioni di euro con l’l’obiettivo futuro di aumentare fino al 30% il numero di impianti, soprattutto nei comuni medi e piccoli.
Alla faccia del Padel. Che per carità fa numeri di tutto rispetto, ma il tennis è un'altra roba.
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