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Il lavoro nobilita? Sicuramente stressa: un dipendente su tre rischia il burnout

L'ottavo Rapporto Censis-Eudaimon non porta buone notizie.

Raga, diciamolo chiaro: il concetto di “lavoro che nobilita l’uomo” ce lo siamo giocati. O meglio, lo hanno trasformato in “lavoro che sfinisce l’uomo e lo manda in terapia“. A confermarlo non è il vostro amico che ogni mattina bestemmia contro la sveglia, ma l’ottavo Rapporto Censis-Eudaimon, che ci dice chiaro e tondo che un lavoratore su tre in Italia è già a un passo dal burnout. Tradotto: stress, stanchezza cronica, ansia, giramenti di maroni e voglia di piantare tutto e aprire un chiringuito a Formentera.

Cosa dice il report: numeri peso

Mettiamola così: il clima aziendale in Italia non è esattamente quello delle pubblicità anni ‘90 dove tutti sorridono con la tazza di caffè in mano e il capo fa il simpatico. Anzi. Il Rapporto Censis-Eudaimon evidenzia che il 33,6% dei lavoratori italiani si sente stressato a livelli critici, mentre il 47,1% lo avverte come un problema costante. Quindi non solo il burnout è dietro l’angolo, ma sta diventando quasi la normalità.

Secondo i dati del rapporto, il 73% dei dipendenti ha vissuto situazioni di stress sul lavoro, il 75,9% si sente sopraffatto dalle responsabilità quotidiane e il 76,8% non ha un decente work Il risultato? Un dipendente su tre è a rischio burnout. In particolare:

Il 32,7% dei lavoratori italiani è già in burnout o ci sta arrivando.
Il 25% è insoddisfatto del proprio impiego (ma va?).
Il 43,5% è infelice della propria condizione economica, perché evidentemente non si vive di soli ticket restaurant.
Il 66% si sente isolato e poco coinvolto in azienda, tipo quei parenti lontani che vedi solo a Natale.

E qui il dato che fa più ridere (ma anche riflettere): il 55,6% dei lavoratori non si sente per nulla apprezzato dall’azienda. Quindi voi vi fate il mazzo, vi prendete le mail del capo anche alle 22, fate straordinari non pagati, e alla fine?

Manco un “bravo” via Teams.

La sindrome del corridoio

Il report accende poi i riflettori sulla “sindrome da corridoio“, che accade quando non si riescono più a separare vita privata e professionale. Il 36,1% si porta il lavoro a casa, mentre il 25,7% arriva in ufficio già carico di ansie personali. Tra i giovani la situazione è bella peso: il 41% non riesce a staccare davvero dal lavoro nemmeno una volta uscito dall’office.

Chi soffre di più?

La risposta è: tutti. Ma nello specifico, i più stressati sono:

– Gli under 34, perché lavorano tanto, guadagnano poco e nel tempo libero compilano CV su LinkedIn sperando in un miracolo.

– Le donne, che in ufficio fanno il triplo della fatica per farsi prendere sul serio e poi tornano a casa e devono pure pensare ai figli e alla casa.

– I lavoratori con figli, che se non hanno l’asilo aziendale devono farsi il Tetris tra babysitter, nonni e chiamate al volo al pediatra.

I benefit aziendali servono davvero?

Il report non si limita a dirci che siamo tutti esauriti, ma prova anche a suggerire una soluzione: il welfare aziendale. Secondo il Censis, chi riceve benefit aziendali vive meglio: meno stress, meno rischio burnout e addirittura maggiore produttività. Peccato che il 40% dei lavoratori non abbia alcun benefit, manco il classico buono benzina.

E quelli che ce l’hanno? Il 59% si dice soddisfatto, soprattutto se i benefit includono:

. buoni pasto degni di questo nome, non quelli da 3,50 euro che manco un panino all’autogrill;

. assicurazioni sanitarie, perché con le liste d’attesa attuali meglio avere un piano B;

. asilo aziendale, che è tipo il Graal per i genitori che lavorano;

. bonus sport e benessere, per sfogare lo stress facendo yoga o spaccandosi in palestra.

Soluzioni?

Se sei un’azienda, magari inizia a considerare seriamente lo smart working, che tanto la gente non sta su Netflix quando lavora da casa (o almeno non sempre).
Se sei un lavoratore e ti senti esaurito, prova a negoziare benefit o cerca una realtà che li offra. Se invece il tuo capo è il classico “se non vi vedo non state lavorando”, allora forse è il caso di cambiare aria.

Tanto, come dice il report, un italiano su quattro è già pronto a mollare.

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