Giorgio Armani non era solo “Re Giorgio” della moda, ma anche uno che sapeva viversela con stile. Lo stilista più famoso del mondo, scomparso da poco, ha lasciato dietro di sé non solo un patrimonio da oltre 12 miliardi di dollari, ma anche una collezione di passioni che raccontano molto di lui.
Lo yacht Maìn: 65 metri di discrezione
Armani aveva un debole per gli yacht, tutti battezzati con nomi che ricordavano la mamma Maria. Il più celebre? Il Maìn, varato nel 2008: 65 metri di lusso con interni disegnati da lui stesso. “Una presenza discreta tra le onde”, amava dire, come se un natante da 65 milioni di dollari (più 6 milioni l’anno di gestione) fosse roba da gita in pedalò. Prima del Maìn c’era stato il Mariù, poi venduto nel 2010 a un tycoon cipriota. Il mare non era solo relax: Armani ci ha anche investito, mettendo 13 milioni in Italian Sea Group (produttore di yacht di lusso) e firmando gli interni del mega-yacht Admiral da 72 metri.
Forte dei Marmi, Pantelleria e il resto del catalogo ville
Altro grande amore? Il mattone. A partire dalla villa di Forte dei Marmi, 24 stanze in viale Ammiraglio Enrico Morin. Poi Pantelleria, il suo rifugio estivo di ogni agosto: sette dammusi in pietra, terrazze, maxi piscina e un giardino con palme secolari, gelsomini e cactus. In Francia, a Saint-Tropez, non poteva mancare la villa da 700 metri quadri, giusto per non farsi mancare niente. E se Milano era la sua città d’adozione, Armani ci abitava in grande: la casa di via Borgonuovo 21 conta 101 stanze, una per ogni dalmata (cit.), più uno studio privato da 7 vani. Una reggia degna di un Re, del resto.
Non finisce qui: la Villa Rosa a Broni (Pavia), quasi 1.400 metri quadri con 10 ettari di terreno, era la base dei weekend. A Parigi aveva un appartamento a due passi dal Café de Flore, a New York un attico storico da 325 metri quadri su Central Park. In Svizzera invece aveva comprato un casale del ‘600, rifatto con interni giapponesi. E nei Caraibi? Due residenze ad Antigua, Villa Flower e Villa Serena. Ciaone.
Mangia, guida, ama
Il piatto del cuore restava semplice: i tortelli alla piacentina, quelli che gli ricordavano l’infanzia. Ma quando si trattava di business, Armani ha portato la sua visione anche a tavola. Con le sue società gestiva 26 ristoranti e café sparsi tra Tokyo, Pechino, Parigi, Doha, Dubai, New York e ovviamente Milano. Nella capitale francese, sopra l’Emporio Armani di Boulevard Saint-Germain, il ristorante Armani ha conquistato pure una stella Michelin. Nel capoluogo lombardo invece sono celebri il ristorante di via Manzoni, il Bamboo Bar e l’Emporio Armani Caffè & Ristorante in via Croce Rossa. Pochi giorni prima della sua scomparsa aveva rilevato anche lo storico locale La Capannina a Forte dei Marmi, un posto che lui definiva “luogo del cuore”.
Non solo moda, mare e cucina. Armani amava anche le auto. Nel suo garage sono passate una Bentley Turbo R, una Mercedes-Benz CLK Cabriolet personalizzata, una Rolls-Royce, una Jaguar XJ e una Bentley Continental Flying Spur. Non un collezionista seriale, ma il gusto per il volante non mancava. Quanto all’arte, sorprendentemente non aveva una collezione vasta. Ma tra i suoi oggetti più preziosi c’era un disegno di Matisse regalato da Eric Clapton. Bè dai, a quanti di noi il buon Eric non ha regalato un quadro?
Un impero da 12 miliardi: chi lo guiderà ora?
Con un gruppo da 2,3 miliardi di ricavi, 398 milioni di margine operativo e 600 milioni di liquidità, Armani era il quarto uomo più ricco d’Italia. Finché era in vita deteneva il 99% della Giorgio Armani Spa; lo 0,1% era già intestato alla Fondazione Giorgio Armani, creata nel 2016 per garantirne la continuità.
Lo statuto è chiaro: niente distribuzione di profitti, reinvestimento costante e indipendenza assoluta. Ma non esclude una futura quotazione in Borsa, non prima di cinque anni dalla sua scomparsa. Il comando sarà nelle mani della Fondazione, affiancata dai familiari e da manager fidati. In prima linea ci sono i nipoti Silvana e Roberta Armani, e Andrea Camerana, già in cda dal 2017. Accanto a loro il compagno di una vita e braccio destro Leo Dell’Orco e Federico Marchetti, fondatore di Yoox.
Il triumvirato della Fondazione sarà composto da Dell’Orco, Irving Bellotti (Rothschild Italia) e un membro della famiglia. Un assetto pensato da Armani stesso per mantenere la visione: prudenza negli investimenti, innovazione, e niente debiti pazzi.
Nonostante le barriere messe in piedi, i colossi non hanno mai smesso di provarci. Lvmh è sempre stata interessata, e nei corridoi della finanza spuntano i nomi di Cvc, Blackstone e Kkr. Per ora, però, l’impero Armani resta blindato.