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Milano “nuova capitale mondiale dei super-ricchi e sempre più inaccessibile per i cittadini comuni”. Lo dice il Financial Times

Il Financial Times spiega che a rendere Milano appetibile alla riccanza è soprattutto la flat tax da 200K annui.
9 Settembre 2025

Il Financial Times ha dedicato un’analisi corposa alla trasformazione di Milano, descrivendola come la nuova calamita dei grandi patrimoni globali. Banchieri, manager, magnati stranieri: tutti pronti a mettere radici sotto la Madonnina. Bello? Insomma. La City sta diventando sempre più dorata e scintillante, ma al tempo stesso sempre meno accessibile per chi milanese lo è davvero.

I nomi che contano

L’approfondimento del quotidiano britannico cita nomi pesanti: dal vicepresidente di Goldman Sachs Richard Gnodde al magnate egiziano Nassef Sawiris, fino a Rolly van Rappard, cofondatore del fondo Cvc Capital, molto attivo negli affari italiani. Una lista che sembra uscita dall’elenco ospiti di un club esclusivo, ma che in realtà racconta come Milano sia diventata il nuovo hub europeo per l’alta finanza.

Il titolo dell’articolo è già un manifesto: “Milan’s expat ‘explosion’ brings new buzz to Italy’s financial centre”, ovvero “L’esplosione degli espatriati a Milano porta nuovo fermento nel centro finanziario italiano”. Dietro questa definizione non c’è solo il fascino della “dolce vita”, ma soprattutto un sistema fiscale che fa gola ai paperoni.

La flat tax dei paperoni

Il Financial Times spiega che a rendere Milano appetibile non è tanto il Duomo o l’aperitivo sui Navigli, quanto la flat tax da 200mila euro annui. Questo regime, introdotto dal governo Renzi e rafforzato nel 2024 dal governo Meloni, permette ai super-ricchi di blindare i propri redditi e asset all’estero per 15 anni. Quindi niente tasse in più, più l’esenzione dalle imposte di successione sui beni non italiani. Un meccanismo pensato per attrarre capitali ma che, di fatto, si è trasformato in una corsia preferenziale per pochi privilegiati. E a Milano gli effetti si vedono benissimo, soprattutto sul fronte immobiliare.

Case alle stelle

Negli ultimi dieci anni i prezzi delle case in città sono saliti del 60%, raggiungendo una media di 5.540 euro al metro quadrato. Per fare un paragone: a Roma siamo fermi a 3.600. Stesso discorso per gli affitti: da 15 a 22,5 euro al metro quadro, con un balzo del +50%. Il quotidiano britannico non ha dubbi: questo afflusso di ricchezze genera tensioni sociali evidenti. I cittadini comuni vengono spinti fuori dai quartieri centrali e più alla moda, sostituiti da manager e investitori stranieri in grado di permettersi cifre fuori portata.

Altro dato interessante: secondo il Ft, Milano è oggi competitiva con Londra anche sul piano delle rendite finanziarie. L’aliquota italiana del 26% sulle plusvalenze è molto più bassa del 34% introdotto nel Regno Unito. Non stupisce quindi che banchieri e manager scelgano di trasferirsi qui, con stipendi da City londinese che però fanno schizzare in alto il costo della vita milanese.

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I club esclusivi: nuovi “corpi estranei”

La trasformazione di Milano non si ferma alle case di lusso e agli stipendi record. Il Financial Times segnala anche la nascita di club esclusivi all’inglese, come Casa Cipriani e la prossima Soho House. Luoghi riservati, dove ci si incontra lontano dagli sguardi indiscreti e dove l’italiano medio non mette piede.

Per molti milanesi sono veri e propri corpi estranei, realtà che poco hanno a che vedere con il tessuto sociale della città. Mentre fuori, chi cerca una casa in affitto deve fare i conti con prezzi folli e stipendi normali.

Malumori anche in finanza

Il malcontento, paradossalmente, non è solo della popolazione “espulsa” dal centro. Anche tra i banchieri italiani c’è chi storce il naso. L’arrivo dei colleghi stranieri con stipendi sproporzionati crea tensioni e squilibri interni. Come se non bastasse, sullo sfondo c’è anche l’inchiesta della magistratura sulle presunte tangenti legate alle riqualificazioni urbane: un ulteriore segnale che la Milano scintillante dei miliardari rischia di poggiare su fondamenta fragili.

Il Financial Times non gira intorno al punto: quella che era la capitale del lavoro e dell’innovazione rischia di diventare un laboratorio di diseguaglianze e rendite. Da una parte banchieri, magnati e manager globali che possono contare su un sistema fiscale di favore. Dall’altra, i cittadini comuni costretti a lasciare i quartieri centrali e a spostarsi sempre più verso la periferia.

Che ne pensate?

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