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Jake La Furia: «Milano sempre meno vivibile, colpa della mala gestione della cultura»

Alla presentazione della nuova stagione di X Factor, Jake La Furia ha definito Milano "città sempre meno vivibile e sempre più acquistabile»
12 Settembre 2025

Milano che cambia, ma non in meglio. A dirlo è Jake La Furia, storico membro dei Club Dogo e volto della scena rap milanese, che durante la presentazione della nuova stagione di X Factor, di cui è giudice per il secondo anno, non ha usato mezzi termini: «Non è da quest’anno, Milano sta cambiando da diversi anni. È una città sempre meno vivibile e sempre più acquistabile». Una riflessione amara, che parte dall’amore per la propria città ma finisce col raccontare un quadro cupo: gentrificazione, mala gestione degli spazi culturali e politiche sempre più repressive che, secondo il rapper, stanno rendendo Milano una città dove si vive peggio di prima.

«Una città sempre più acquistabile»

Rispondendo a chi gli chiedeva un commento sui cambiamenti sotto la Madonnina, Jake è stato chiaro: «Sono almeno vent’anni che andiamo in quella direzione e questa estate si è visto il frutto di tutta questa mala gestione della cultura, degli spazi aggregativi». Il riferimento è preciso: lo sgombero del Leoncavallo a fine agosto, un’operazione che ha acceso discussioni infinite in città. Per il rapper non si è trattato di un’azione neutra, ma di una scelta politica: «Mi sembra evidente che sgomberare il Leoncavallo alla fine di agosto sia una mossa più politica che altro». Parole che hanno scaldato subito il dibattito: da un lato chi considera il Leonka un simbolo storico di aggregazione, dall’altro chi lo vede come un problema di ordine pubblico.

Troppi spazi chiusi, colpa di governi repressivi

Jake La Furia non ha dubbi: «Non pone le basi per la fine del Leonka, ma per il suo spostamento. Quindi non credo che sia risolto quello che dall’altra parte è considerato un problema».

Il punto, per lui, è che la città sta chiudendo troppi spazi di aggregazione reale: «Per come vanno le cose adesso io non credo sia una situazione recuperabile nel breve tempo: stiamo creando le basi per avere tempi duri, che creeranno delle persone in grado di cambiare le cose. Stiamo vivendo il frutto di governi duri, repressivi, che chiudono gli spazi, e si va tutto verso la discoteca e la bottiglia».

Il rischio? Una Milano che diventa solo nightlife e consumo, senza luoghi dove crescere, incontrarsi e fare cultura. Ma il rapper lascia anche una speranza: «Questo creerà la voglia di spazi diversi e tra qualche anno si tornerà ad avere spazi come quelli che avevamo noi».

Le parole di Jake La Furia non sono un semplice sfogo: fotografano una sensazione diffusa tra molti milanesi. La città continua ad attirare turisti, investitori e brand internazionali, ma per chi ci vive quotidianamente i problemi restano: costo della vita alle stelle, spazi culturali che chiudono, nightlife che si omologa. Non è la prima volta che il rap milanese diventa cassa di risonanza di un malessere urbano. Dai tempi dei Club Dogo a oggi, le rime hanno spesso raccontato le contraddizioni di Milano: la city patinata che corre veloce, ma anche quella che lascia indietro pezzi di comunità.

L’uscita di scena di Manuel Agnelli

Durante la conferenza stampa di X Factor non si è parlato solo di Milano. Jake, al secolo Francesco Vigorelli, ha commentato anche l’uscita di scena di Manuel Agnelli dalla giuria del talent show di Sky, con cui aveva condiviso l’ultima edizione.

Il paragone scelto è di quelli che fanno discutere: «Manuel Agnelli è una persona che vive di umori ed emozioni. Ha fatto sei edizioni, ha portato Mimì in una finale in cui tutti pensavano avrebbe vinto Achille Lauro che aveva tre concorrenti. Si è ritirato imbattuto, è come Mourinho dopo il triplete con l’Inter».

Un addio non traumatico, quindi: «Non è stato un addio doloroso, è stata una scelta di Manuel dettata dal fatto che aveva fatto sei edizioni. Magari tornerà»

Credit cover: @thereallafuria

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