Partiamo da una considerazione facile facile: negli ultimi anni hanno fatto spesso notizia gli imprenditori del settore food e hospitality che lamentavano l’impossibilità di trovare gente disposta a lavorare: “Metto annunci per 3000 euro al mese e non trovo nessuno“, “Ho una pizzeria e mi chiedono il sabato libero“, “Vengono tre settimane e poi se ne vanno“… Ne abbiamo sentite di tutti i colori. Adesso un ristoratore di Bologna, Piero Pompili, butta il sasso nello stagno delle italiche conseutudini e, non solo non ritira la mano, ci mette proprio la faccia, finita su Fanpage, Corriere della Sera e molte altre testate. Tutti a riprendere le sue dichiarazioni su un’idea che promette di salvare la vita ai ristoranti: mettere una mancia obbligatoria del 5% sul servizio. Esattamente la consuetudine che c’è in molti Paesi all’estero che tanto ci fa incazzare quando ci andiamo.
Che ha detto Pompili
Pompili parte da una considerazione molto chiara: “In Italia mancano i lavoratori nel mondo della ristorazione. Questo è il grande buco che stiamo vivendo“. Quindi, per tappare il suddetto buco Pompili propone di mettere una mancia obbligatoria corrispondente al 5% di quanto consumato nel conto. L’alternativa? “Un disastro“, tanto per essere chiari e rasserenanti: “Se non cambia nulla, molti ristoranti chiuderanno nei prossimi cinque anni“.
“Un ipotetica mancia obbligatoria potrebbe essere un idea per aumentare le buste paga di chi lavora nel mondo della ristorazione e migliorare anche il servizio in sala” ha scritto Pompili su Instagram, per spiegare meglio la sua proposta, diventata virale. “Sarebbe bello se il governo potesse intervenire, ma purtroppo non ripongo più fiducia nello Stato che è assente nel mondo della ristorazione così come in tanti altri settori. A chi dice che gli stipendi vanno pagati dai datori di lavoro e che gli aumenti in busta paga devono competere agli imprenditori dico che avete ragione. Ma per far questo, alla fine, l’imprenditore deve per forza aumentare il costo dei piatti e alla fine sempre sul consumatore finale ricadrà la mannaia, se non fosse che è un contributo del 5% per il consumatore finale paradossalmente è più convenitete dei rincari che applicherebbe l’imprenditore.“

Perché mancano lavoratori nella ristorazione
Il motivo? La GenZ. “I giovani non sono più attratti da questo mondo perché sono cambiate le esigenze rispetto agli anni ’80“, dice Pompili, che evidentemente sa che cosa significa farsi un mazzo tanto. “Quando io ho iniziato a fare le stagioni estive al mare a 13 anni, lavoravo 13-14 ore“, ha raccontato al Corriere Bologna: “Oggi i giovani non sono più disposti a quel mondo del lavoro, completamente sorpassato e anche io Al Cambio (il suo ristorante, ndr) ho completamente rivoluzionato tempi e orari per garantire una vita migliore ai dipendenti“. Beh, dai, almeno non è uno che parla solo.
Ovviamente la work-live balance ha il suo peso nell’invogliare un dipendente, ma niente come lo stipendio… “Per arrivare a una busta paga sui 3000 euro, contributi compresi” (tanto dovrebbe invogliare un ragazzo a uno sbattimento come quello del lavoro in sala), “il datore può arrivare a 4.500/4.800 euro, stipendi manageriali che un locale non può affrontare“.
Allora, si tratterebbe – per il cliente – di farsi carico di una piccolissima parte dello stipendio del personale. E forse il ragionamento non è del tutto sbagliato, perché in fondo – nel tempo che dedica ad ascoltare, consigliare e servire ai tavoli – il cameriere lavora per il cliente più che per il proprietario del ristorante.
Esperimenti su questa linea ce ne sono già e il tema è sul tavolo, è proprio il caso di dirlo. E voi che ne dite? Vi sono capitati locali con la mancia compresa nel prezzo? Ci siete tornati oppure li rifiutate a priori?