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Oh, ma lo sapete che l’inventore del Fantacalcio è milanese? “Con i diritti mi sono comprato casa”

La Serie A è appena ripartita e, con lei, anche il rito più amato dagli italiani appassionati di calcio: il fantacalcio. Tra aste infinite, fantamilioni spesi per i bomber e scommesse azzardate su giocatori semi-sconosciuti, milioni di “fantallenatori” si ritrovano ogni settimana a controllare bonus e malus, a gioire per un +3 o a imprecare […]
23 Settembre 2025

La Serie A è appena ripartita e, con lei, anche il rito più amato dagli italiani appassionati di calcio: il fantacalcio. Tra aste infinite, fantamilioni spesi per i bomber e scommesse azzardate su giocatori semi-sconosciuti, milioni di “fantallenatori” si ritrovano ogni settimana a controllare bonus e malus, a gioire per un +3 o a imprecare per un rigore sbagliato. Un rito collettivo che ha radici ben precise: Milano, fine anni Ottanta, un bar in zona Porta Genova. Lì Riccardo Albini, giornalista milanese oggi 72enne, ebbe un’intuizione che avrebbe rivoluzionato per sempre il modo di vivere il calcio.

Albini parla a Repubblica con orgoglio, ma anche con una certa leggerezza, di quella sua invenzione che oggi è diventata un fenomeno mainstream. «È bellissimo. Dopo tanti anni il fantacalcio è entrato nel mainstream: la Lega Serie A ha firmato un accordo ufficiale e oggi è un business importante. Io resto l’unico a poter usare liberamente il marchio Fantacalcio. Ma quello che mi fa più piacere è l’affetto delle persone: se scoprono che gioco ancora mi ringraziano».

E sì, Albini gioca ancora. Ogni anno partecipa a un’asta con amici diversi da quelli della prima Lega, scioltasi dopo 30 anni. Oggi la sua squadra si chiama “Club International de Fútbol Miami”, mentre in passato aveva scelto il più surreale “Surreal Madrid”. Nel suo undici ci sono Pulisic, Vlahovic, Estupiñán e il portiere Di Gregorio. «Da milanista qualche rossonero non può mancare», scherza.

Riccardo Albini

Come è nato il fantacalcio

Tutto cominciò quasi per caso, durante un viaggio di lavoro negli Stati Uniti. Albini, allora caporedattore della rivista Videogiochi, scoprì in una libreria di Chicago un volume intitolato Fantasy Football. L’idea lo colpì subito: «Creare una squadra immaginaria con giocatori diversi, non era geniale? Tornato in Italia pensai: perché non farlo col calcio?».

Da lì iniziarono le prime prove, rigorosamente su Excel. «Senza quel programma non sarebbe mai nato il fantacalcio: calcoli, punteggi, regolamenti, tutto passava da lì». Il primo esperimento avvenne durante gli Europei del 1988. Non era facile convincere la gente a seguire un gioco per due settimane, figuriamoci per un’intera stagione di Serie A.

La prima Lega: un gioco da bar sport

La vera scintilla si accese al bar Goccia d’Oro, in via Ausonio. Otto amici, un tavolo, caffè e birre. «Era il nostro stadio – ricorda Albini – un gioco da bar sport che prendeva vita davvero al bar». Così nacque la prima Lega ufficiale, la “Goccia d’Oro”, che per due anni sperimentò regole e formule.

Nel 1990 arrivò anche il primo libro, distribuito in edicola. Tiratura di 10 mila copie, prezzo 18 mila lire. Un flop: ne vennero vendute appena 2.500. «Un disastro, ma ecco il punto: ognuno di quei 2.500 doveva trovare altri sette amici per giocare. E il passaparola fece il resto».

Oggi Albini racconta con ironia anche il momento in cui decise di vendere marchio e diritti, circa 25 anni fa. «Non fu una svolta economica clamorosa. Certo, con quei soldi mi sono comprato la casa dove vivo oggi a Milano. Non posso dire la cifra, ma non siamo in Silicon Valley: se fossi stato là, forse mi sarei comprato due case».

Dalla prima squadra a oggi: regole immutate

Alla domanda su come fosse la sua prima fantasquadra, sorride. «Non la ricordo bene, ma so che vinse il mio amico Marco con l’Olanda, proprio l’anno in cui gli arancioni trionfarono agli Europei. In Serie A invece ricordo di aver preso Vialli, ma non riuscì ad accaparrarmi Maradona».

Quanto al gioco, Albini assicura che la filosofia non è mai cambiata. «Le regole base sono rimaste identiche. Certo, qualche aggiustamento: il portiere all’inizio prendeva -2 per ogni gol, poi portammo la penalità a -1. I modificatori di attacco e difesa ci sono sempre stati e i crediti erano 300, non 500 o 1000 come oggi. Ma lo spirito è lo stesso».

Così, a quasi quarant’anni dalla sua invenzione, il fantacalcio resta un pilastro delle settimane degli italiani. Un rituale che unisce amici, colleghi e perfetti sconosciuti sotto la stessa bandiera: quella di una passione che trasforma ogni gol della domenica in un’emozione personale. E tutto partì da un’idea, un foglio Excel e un bar di Porta Genova.

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