In centro a Milano, tra le viuzze che si incastrano dietro al Duomo, c’è un’insegna che ha fatto la storia della City: La Vecchia Latteria. Un locale minuscolo, con quaranta coperti stretti come le chiacchiere tra un tavolo e l’altro, dove si servivano solo piatti vegetariani — molto prima che diventasse una moda. Dopo settanta anni di risotti, parmigiane e misti forno, la Latteria chiude. Ieri, l’ultimo pranzo. A darne notizia è Francesca Notari, terza generazione alla guida, che in un post scrive: “Sono felice. Sento che abbiamo servito fino all’ultimo caffè.”
Un modo semplice e bellissimo per dire “basta così”, senza farne un dramma.
Il post che ha commosso mezzo Instagram
Il messaggio pubblicato dalla pagina del locale è una lettera piena di ironia e cuore:
“Amiche e amici stupend*, alcun* di voi sanno la novità, altri ignorano ciò che sta accadendo nella mia vita. Questo giovedì La Vecchia Latteria chiude. Sono felice. Tempo fa ho preso una grande decisione, mi ci è voluto un po’ di tempo e di coraggio per farla avverare ma alla fine ce l’ho fatta. Dopo settant’anni di risotti, latticini, parmigiane e misti forno sentiamo di essere arrivati al caffè.
Non ditelo a nonno Lino, che si rivolta nella tomba. Lui che negli anni 60 apriva un’umile ma accogliente locanda vegetariana, quando di vegetale si conosceva solo quella che si fumavano i cantanti giamaicani. Sfamava con omelette e verdure operai ma anche artisti, in cambio di opere di dubbia qualità. Vendeva anche uova e formaggi, offriva confortante ristoro. Poi vennero Giorgio e Teresa, mamma e papà. Lui, showman, oste baffuto sciupafemmine con voce tonante, tra i tavoli canticchiava strofe sui terun come lei, sua amata lucana che alzava gli occhi al cielo, mentre portava sotto al Duomo i generosi sapori del Sud, ancora alla base di tutto ciò che serviamo. È stato un onore servirvi anche nelle vostre case ai tempi del Covid e proteggere fino ad ora questo tesoro. Sento i pianti, il dispiacere, le lamentele e le mille domande che volete farmi – tenetevele dentro! Io invece voglio festeggiare. Perché ora, chi l’ha mangià, l’ha mangià. E adess… come diceva il Giorgio dopo il caffè… föra di ball. Francesca”
Un racconto che ripercorre la storia di famiglia: nonno Lino che sfamava operai e artisti con omelette e verdure; Giorgio e Teresa, i genitori, che negli anni ’80 trasformano la bottega in una trattoria vera, con lui oste teatrale e lei cuoca lucana dal talento infallibile. E infine Francesca, che ha tenuto viva quell’eredità fino a oggi, con la stessa energia di chi difende qualcosa che sa di casa.
Dal latte ai risotti: 140 anni di storia milanese
Nata nel 1885 come semplice latteria di quartiere, la bottega riforniva di latte e formaggi i lavoratori del centro. Negli anni Sessanta, quando Lino la rileva, la trasforma in una locanda vegetariana ante litteram. Ai tempi non c’erano trend green o influencer vegani: era solo un modo per mangiare bene spendendo poco.
Poi arrivarono Giorgio e Teresa, che portarono una cucina più calda, più lucana, più umana.
E col tempo la Latteria è diventata un piccolo rifugio urbano: niente prenotazioni online, niente menù gourmet — solo piatti veri, cucinati come si deve.
Chi c’è stato sa che il menu non cambiava mai, e meno male. Pizzoccheri, zuppe di cavolo nero, tagliatelle ai funghi e il Misto Forno, il piatto simbolo: zucchine ripiene, parmigiana, patate e sformati.
Porzioni generose, sapori autentici e quella calma che non trovi più nei locali di oggi. Era uno di quei posti dove ti fermavi “solo un’oretta” e uscivi due ore dopo, felice e in pace col mondo.
Non solo una chiusura, ma una fine d’epoca
Nessuno sa ancora cosa nascerà al civico 6 di via dell’Unione.
Ma con la chiusura della Vecchia Latteria non scompare solo un locale, scompare un modo di stare a tavola: semplice, gentile, senza pose. Un pezzo di Milano che preferiva la sostanza all’apparenza, il profumo di forno al filtro vintage.