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In una scuola di Brescia i genitori devono pagare per vedere i compiti dei figli: polemiche ne abbiamo?

La preside però si difende: "Possono richiedere i compiti gratuitamente su Whatsapp"
30 Ottobre 2025

Ci sono dei genitori very incazzati all’Istituto comprensivo Nord 2 di Brescia, di cui fanno parte le scuole primarie Sauro, Arici e Quasimodo e le secondarie di primo grado Virgilio e Pirandello: questo perché è venuto fuori che per poter vedere le verifiche e i compiti in classe dei propri figli, nel caso uno non volesse accontentarsi – legittimamente – dei voti caricati sul registro elettronico, bisogna presentare una richiesta formale di accesso agli atti più pagamento di 25 centesimi a foglio per le copie cartacee e di 5 euro per quelle digitali inviate via Pec. Whaaat???

La circolare della discordia

Tutto è partito da una circolare del 25 ottobre, firmata dalla preside Aurora Malandrino, che ha ribadito la complessa procedura “a seguito di un proficuo e costruttivo colloquio con alcuni genitori che hanno chiesto un confronto con la sottoscritta su varie tematiche, tra cui la modalità di accedere alle verifiche scritte dei propri figli“. Secondo la preside, “gli elaborati degli studenti sono atti amministrativi e quindi devono essere conservati in originale presso la sede istituzionale. Non è consentito dalle norme l’invio degli atti amministrativi originali a casa degli alunni, in quanto la loro custodia in originale è richiesta dai principi di integrità, autenticità e conservazione degli atti amministrativi“.

Quindi – continua la preside – per andare incontro alle necessità delle famiglie “che necessitano di un monitoraggio costante del percorso scolastico del proprio figlio/a, si può presentare un’unica richiesta di accesso agli atti valida per tutto l’anno e per le discipline di cui ritengono opportuno“.

Ma davvero tutto ‘sto casino per vedere dei compiti?

La stessa trafila vale anche per gli alunni con bisogni educativi speciali, per i quali l’esigenza di ricevere copia delle verifiche può essere inserita all’interno del Piano educativo individualizzato (Pei) o del Piano didattico personalizzato (Pdp). Anche in questo caso i genitori devono sbattersi e “formalizzare sempre la richiesta di accesso agli atti tramite apposito modulo, al fine di consentire a codesta PA di ottemperare all’obbligo di compilare il registro degli accessi per la corretta tracciabilità degli atti amministrativi“. È già stancante scriverlo, figuriamoci farlo.

Comunque la preside precisa che “sarà sempre possibile la visione degli elaborati originali durante i colloqui individuali con i genitori per consentire la discussione pedagogica e l’analisi dettagliata degli errori al fine di rendere meno stringente la necessità per i genitori di richiedere sistematicamente l’accesso agli atti (copia delle verifiche)“. Ah vabbè, allora.

Banalmente: se non paghi, non puoi vedere i compiti di tuo figlio o figlia su carta.

I genitori non l’hanno presa bene

La presidente del Consiglio d’Istituto, Elena Falsetti, come riportato dal Giornale di Brescia, ha replicato che “la normativa prevede che i rapporti con i genitori vengano facilitati, anziché ostacolati: diffondere circolari complicate e realizzare un modulo non chiaro sono passi che vanno nella direzione sbagliata, considerato anche che nel nostro istituto le famiglie straniere sono numerose”. Ci sta dai: per i genitori è uno sbatti a volte capire quando devono fare la festa di Natale, figuriamoci tutto ‘sto casino per chiedere dei compiti.

Se però Falsetti parla di genitori “arrabbiati“, la preside difende il suo operato. “Su duemila alunni, abbiamo ricevuto non più di cinque richieste di accesso agli atti e sono stati appena una decina i genitori che mi hanno segnalato questa loro esigenza. In una scuola il dirigente è garante del rispetto delle norme e quindi io devo sempre partire dal presupposto che bisogna attenersi alla normativa. Una volta stabilito questo, mi sembra di aver già contribuito significativamente allo snellimento delle procedure burocratiche“.

Basta chiedere una copia via Whatsapp

Ho fatto in modo che sia sufficiente un’unica richiesta di accesso agli atti valida per l’intero anno scolastico, senza ricorrere a un modulo diverso per ogni verifica – ha continuato la preside, cercando di spegnere la polemica – Ho poi reso più frequenti i colloqui con i docenti, che prima erano mensili e ora sono diventati settimanali, e ho eliminato la necessità di richiedere l’autorizzazione del dirigente scolastico per prenotare un colloquio. Le famiglie potranno concordare con il docente la modalità (cartacea, digitale, ecc.) e la tempistica di visione nel rispetto delle esigenze didattiche e organizzative“.

Quindi, in sostanza, i genitori possono chiedere tranquillamente al docente di inviare loro la verifica del figlio tipo via WhatsApp, senza pagare nulla. “Quest’opportunità c’è sempre stata e nessuno ormai chiede più le copie cartacee, quindi non vedo sinceramente dove sia il problema” ha concluso la preside.

E in effetti, in questi tempi digitali, è anche vero. Chi la chiede più la copia cartacea?

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