Se c’è una cosa che mette d’accordo l’Italia intera, non è la politica, non è il calcio e nemmeno il Festival di Sanremo. È l’aperitivo. Quel momento sacro in cui la giornata finisce, la giacca si appoggia sulla sedia del bar e la vita torna a girare con calma, tra uno Spritz e due olive.
A Milano, poi. Non ne parliamo neanche.
L’importanza di questo rituale lo conferma anche uno studio promosso da Sanbittèr, condotto attraverso una Social Web Opinion Analysis su un campione di 480 barman, gestori e proprietari di locali e su oltre 1.200 persone tra i 18 e i 55 anni. Obiettivo? Capire quanto e come gli italiani vivano ancora oggi il bar come punto di ritrovo.
Cosa dice lo studio
Il risultato, ça va sans dire, è chiarissimo: l’aperitivo è un must. Oltre 4 italiani su 10 (41%) frequentano il bar proprio in quell’orario lì, quello in cui “vado solo per un bicchiere” diventa “vabbè, portami anche due patatine e un tagliere misto”. Più di uno su quattro (26%) invece ci passa in pausa pranzo, il 21% lo sceglie per la colazione, e il 12% ammette di farsi vedere anche in altri momenti della giornata.
Ma perché ci andiamo davvero? Non solo per bere, pare. Secondo il 57% del campione, il bar è un luogo dove ci si sente liberi di esprimere le proprie opinioni, di raccontarsi e confrontarsi senza troppa diplomazia. Ed è proprio nell’orario dell’aperitivo – indicativamente dopo le 18 – che scatta la magia: la mente si rilassa, la lingua si scioglie e, in un attimo, si passa da “com’è andata in ufficio?” a “ma secondo te chi vince il campionato?”.
Lo conferma anche Mattia Billiato, Senior Brand Manager Aperitivi Sanbittèr, che sottolinea come “l’aperitivo non è solo un momento della giornata, ma un modo di stare insieme, di raccontarsi e confrontarsi ed è proprio in questa dimensione che Sanbittèr si riconosce da sempre: nel piacere di condividere un sorriso e un brindisi, senza bisogno di un’occasione speciale. È la nostra idea di italianità, fatta di piccoli gesti e grande convivialità”.
Le chiacchiere da bar più gettonate
Lo studio Sanbittèr ha stilato anche la Top 10 delle chiacchiere da bar, e il podio, prevedibilmente, parla chiaro. Al primo posto il calcio (52%), lo sport nazionale che da solo regge intere discussioni anche nei giorni senza partite. Segue la politica (49%), che nei bar italiani diventa improvvisamente materia su cui tutti hanno una laurea honoris causa. Al terzo posto gli eventi internazionali (46%), che spaziano da guerre e summit globali fino a “hai visto che tempo fa in Islanda?”.
Subito dopo arrivano i temi più “soft”: ambiente (44%), cibo e alimentazione (41%), lavoro (37%), shopping (35%), gossip (33%), altri sport (29%) e cinema (21%). In pratica, un bignami dell’Italia contemporanea, dove puoi partire da una riflessione sui cambiamenti climatici e finire a discutere di chi ha spoilerato la nuova stagione di “Lupin”.
Interessante anche la classifica dei personaggi più chiacchierati al bancone: al primo posto gli influencer (41%), seguiti dal capoufficio (36%), poi politici (29%), sportivi e divi di Hollywood (27%), e infine il grande calderone degli altri personaggi televisivi (21%).
Dal Duomo a Manhattan: il bar conquista il mondo
Il fenomeno dell’aperitivo, comunque, non si ferma certo ai confini del Naviglio. Secondo Euromonitor International, il mercato degli aperitivi è in costante crescita a livello globale: dagli Stati Uniti al Regno Unito, fino al Nord Europa, dove ormai anche gli analcolici pensati per l’happy hour stanno conquistando spazio. L’italianissimo “andiamo a berne una” ha quindi varcato i confini diventando un format mondiale, ma con una differenza fondamentale: solo in Italia, il bar resta un’estensione della piazza, il luogo in cui si può discutere di tutto, ma soprattutto lamentarsi di tutto – con stile.
Aperitivo, sinonimo di socialità (e terapia low cost)
E alla fine è questo il segreto: l’aperitivo non è solo un drink, è un pretesto. Per vedersi, confrontarsi, sfogarsi o semplicemente commentare l’ultima partita del Milan. È la pausa dal tran tran quotidiano, il momento in cui anche chi passa la giornata in call o in open space può tornare a parlare davvero, faccia a faccia.









