Era il 1967 quando Elio Fiorucci apriva a Milano il suo primo showroom, un piccolo spazio in Galleria Passarella scoppiettante di colori, ricco di musica e moda, carico di energia: un luogo unico, decisamente swinging, in cui l’eccentrico mago delle tendenze aveva fatto confluire tutti i suoi interessi, dando vita a un piccolo angolo di Carnaby Street nel cuore frizzante della Milano sessantottina.
Fra uno Studio 54 e l’altro, furono tanti gli habitué chez-Fiorucci provenienti dal jet set internazionale, fino a che quel piccolo centro gravitazionale allargò i suoi confini, atterrando in Piazza San Babila, nel negozio più bello che Milano abbia mai ospitato.
Di quello spazio noi tutti abbiamo memoria: nel piccolo piano terra un’infinità di magliette con gli angeli e poi pile e pile di scatole di latta per contenerle tutte.
Al piano inferiore, invece, un labirinto di gadget e abiti unici che non avevano bisogno del marchio Fiorucci per farne intendere la provenienza: erano di Fiorucci e basta!
Poi un giorno l’annuncio della chiusura su una pagina del Corriere.
Nella mia memoria coincide con un giorno triste: ricordo di essere tornata lì il più possibile per fissarne ogni dettaglio… conservo ancora il sacchetto azzurro con gli angeli del mio ultimo acquisto!
Ma ora mettiamo via la malinconia e alziamo i calici perché, come dicevamo in apertura, Fiorucci is back!
Dopo un decennale periodo di declino, il marchio Fiorucci è passato (finalmente) da mani nipponiche a mani inglesi.
Un’affiatata coppia di imprenditori londinesi ha, infatti, rilevato Fiorucci e tutti i suoi archivi storici: disegni, prototipi, campioni, bozzetti… e da lì ha messo in moto una macchina che ha dato natali prima ad un e-commerce, poi ad un corner da Barneys a New York, ad un pop-up store da Selfridges ed infine, pochi giorni fa, ad un flagship store Fiorucci a Soho, sempre a Londra.
Ciò che sogniamo è che questo sia solo il primo di una serie di passi volti a espandere il milanesissimo brand in tutto il mondo, ma, mondo a parte, ciò che ci importa è che Fiorucci possa presto riaprire qui da noi, con la stessa grinta e la stessa vivacità del suo carismatico fondatore, così che si possa tornare tutti lì il sabato pomeriggio a fare un giro con la cumpa (e a seguire un salto da Burghy e uno alle Messaggerie Musicali, se possibile… ma forse chiediamo troppo).
A chi volesse acquistare gli iconici capi Fiorucci consigliamo un giro da 10 Corso Como, dove vi attendono anche una capsule collection e l’omonimo libro edito da Rizzoli che, a 50 anni dalla creazione del brand, racconta le gesta del suo visionario creatore.
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