Facebook è il nostro mondo, la sua Home la nostra casa. Con la differenza che ci entrano un po’ tutti, che non puoi mai chiudere completamente la porta e che comportarsi come se davvero fossimo a casa nostra può portare a disagi, malumori, perdite di tempo e della nostra già precaria materia grigia. Quindi ecco 4 tra le innumerevoli cose che dovremmo fare – o non fare – per una convivenza serena e introspettiva con i nostri simili stile Isola dei famosi edizione Raz Degan:
1_Non distrarti quando digiti il nome di QUEL qualcuno nella barra di ricerca
È inevitabile. Tutti abbiamo almeno una o due persone delle quali verifichiamo con regolare cadenza il profilo, al grido di «non controllo da 128 secondi, metti che ha pubblicato qualcosa», oppure «non che mi interessi eh, ma vediamo se ha risposto al commento numero 37 lasciato da quella zozza atomica sicuramente meno brillante di me che gli ha pubblicato lo sticker di un cane che manda i baci. Come diamine si fa a commentare con lo sticker di un cane che manda i baci, dai».
Sì, in realtà sappiamo che, data la frequenza delle nostre visite, gli algoritmi di Facebook dovrebbero mostrarci ogni sua minima mossa come prima notizia in home, rendendola più importante di anniversari, ricordi, compleanni, decessi, scoppio di guerre nucleari e Luca Argentero che torna single. Ma non possiamo far dipendere le nostre scelte di vita dalle capacità ingegneristiche di uno che si è laureato fuori corso. Così controlliamo. Digitiamo quel nome in modo ormai automatico, senza pensarci, senza nemmeno guardare, senza accorgerci, ma manco lontanamente, che quel nome non l’abbiamo digitato nella barra di ricerca ma in quella del nostro status. Lasciando così, per pochi ma interminabili secondi, qualcosa tipo «Francesca Rossi – Kevin Spacejam Bomberone» esposto al pubblico ludibrio e persino alla potenziale ricezione di like.
A me è successo: ti vedi passare davanti tutte le tue instagram stories e pensi che l’unica sia cambiare paese, continente, sesso, identità. Poi però pensi che sarebbe potuto partire il tag al diretto interessato, e la vita torna di nuovo sopportabile.
2_Controlla il profilo delle persone a cui rispondi su Messenger PRIMA di rispondere
Capita, a volte, che qualcuno di sconosciuto ti scriva. Che ti chieda qualcosa sul tuo lavoro, commenti un tuo articolo o post, avanzi qualche critica o osservazione. Tu se lì, sul divano, mentre aspetti che inizi la puntata di Alta Infedeltà e ti chiedi perché non dovresti rispondergli. Quindi rispondi, altrettanto educatamente, soddisfi le sue richieste informative ed è capace che la cosa porti via un discreto ammontare di minuti. Poi però noti che inizia a cambiare atteggiamento, a chiederti che numero di scarpe porti, che pigiama indossi, che spazzolino da denti usi, con cosa ti depili le ascelle. Tutto ciò ti turba e decidi di dare un’occhiata a chi sia questo individuo. Foto profilo: tizio appoggiato a fiammante auto sportiva di qualcun altro e/o in esposizione; informazioni: ha studiato presso scuola della strada; lavora come CEO presso se stesso; orientamento religioso: il figlio di dio stava coi bugiardi e le puttane come faccio io – cit Gue Pequeño; orientamento politico: tutti StRoNxXi; stato sentimentale: vedovo; foto in evidenza: cinque selfie identici di lui in bagno cosparso di olio che fa il dito medio mostrando la testa rasata in modo da creare una svastica sul lobo parietale. E niente, ti ricordi che la prossima volta il profilo magari lo controlli prima, dato che è molto probabile che questo la moglie l’abbia persa davvero e volontariamente.
3_Smetti di chiederti cosa succeda alle persone sui social dopo i 50 anni
Il fenomeno non coinvolge tutti. Basti pensare a Enrico Mentana, Gianni Morandi, Enrico Papi, Luca Ward, Cristina D’Avena, Barbara D’Ur.. va bè, Cristina D’Avena. Magnifici esemplari di over50 perfettamente in grado di padroneggiare i social network in modo assolutamente scaltro, brillante, dignitoso, coerente. Purtroppo, però, sembrano essere l’eccezione alla regola dell’amico (su Facebook) per la quale superata una certa età ognuno sembra convinto di trovarsi nella valle dei Teletubbies. E quindi via di buongiornissimo con annessa foto di brioches fumanti che ti fanno rimpiangere Banderas chiedere a una gallina «cual è el mio corneto»; via di improbabili status capaci di dire nulla in 25 righe, metà delle quali inspiegabilmente occupate da puntini di sospensione; via di abuso di emoji che più che commenti sembrano foto del reparto natalità di un ospedale di Pechino; via di gattini, cagnolini, coniglietti, agnellini, leprottini, castorini e ogni altra forma animale rigorosamente in fase di svezzamento la cui vista cumulata sarebbe in grado di far passare Red Ronnie da animalista vegano a bracconiere di panda. Per non parlare delle didascalie «…….sogni d’oro a tt…..vi mando un bacio…..kisssss..….» quando tutti sono i 15 compagni dell’asilo ritrovati, delle bio «ciao sono divorziato con 5 figli e 8 nipoti amo la vita e ho il mare dentro» che non capisci se stia richiedendo una certificazione ISEE o facendo un provino per Uomini e Donne over. E niente, dopo innumerevoli «ma perché» e altrettanti «ma i miei non faranno così, vero?» non ti resta che ribaltare i ruoli e rimanere lì, ad osservarli, in silenzio, senza intervenire, come se fossero un unico, enorme, interessantissimo cantiere.
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4_Non rispondere ai commenti quando sai che sarebbe perfettamente inutile
Sì, lo so, certi commenti fanno salire il Kim Jong Un. C’è chi non capisce l’ironia, chi fraintende, chi pensa che tu lo stia insultando e chi si porta avanti iniziando a insultare te. C’è chi ha da ridire sulla tua punteggiatura, sui tuoi capelli, sul tuo fidanzato, sul tuo cane e anche su quello della signora sullo sfondo di quella foto in gita a Praga in quarta liceo. E sì, la tentazione è forte. Vorresti replicare, spiegare, chiarire, dibattere, confrontarti e riportare la pace. Il punto è che questo circolo virtuoso non sempre è possibile da realizzare. Una parte di te lo sa fin dall’inizio: rispondere innescherebbe un’ingestibile reazione a catena a effetto domino nella quale nessuno dei due (o tre, o quattro, o cinque) vuole essere l’ultimo tassello a cadere. Il punto è che, oltre ad ammorbare le home dei rispettivi amici, oltre a perdere decine di minuti di tempo, oltre a incrementare la tua produzione di bile e che in confronto Jeremias Rodriguez è un ex catechista oggi dedicato alla cura dei pulcini da allevamento, si aggiunge anche il fatto che l’interlocutore di turno potrebbe esasperarti, stordirti, sfinirti, portarti alla regressione cerebrale e poi batterti con l’esperienza. Riuscendoci. Ergo, la soluzione è una sola. Accendersi una sigaretta, inspirare profondamente, contare i mariti di Lory del Santo e con un sorriso degno di Licia Colò che si interfaccia con il koala Ciuffo rispondere la cosa che più fa imbestialire l’odiatore di turno: «hai ragione» Lui si sentirà come Gigi D’Alessio davanti a una cartella Equitalia: spaesato, spiazzato, impotente, incompreso, con le spalle al muro. Però forse, a differenza di Gigi, smetterà di cantare.
Articolo scritto da Federica Colli Vignarelli
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