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Vivo a Milano da (quasi) vent’anni, e ho visto Fuorisaloni che voi umani non potete neppure immaginare. Feste di MTV talmente blindate che avresti venduto tua sorella pur di procurarti un invito. Secret party di Pig Magazine che non avevano nulla da invidiare a quelli organizzati da Lindsay Lohan. Tutti questi momenti – ahimè – sono andati perduti come sudore nella calura estiva meneghina, fagocitati da un’ondata di free bar, free entry, «clicca per accreditarti» e «non vuoi partecipare all’evento clou di questo Fuorisalone? Iscriviti alla mailing list!». Sì, lo so, sono una snob, ma d’altronde l’equazione «se è gratis, allora vuol dire che fa cagare» negli anni mi ha spinta a scontrarmi col fatto che la Design Week è bella, ma non ci vivrei. Sia chiaro: figata che Milano occupi per una settimana il centro della scena, ma che vi devo dire, al solo pensiero di trascorrere un’ora in via Tortona, sgomitando in mezzo a quell’orda di gente per scattare un paio di foto di installazioni concettuali, o di attendere diligentemente in fila il mio turno per entrare in uno spazio dove suonerà il dj che di solito si esibisce alle Rotonde di Garlasco… anche no.

La Design Week ed io ci siamo lasciate di comune accordo tempo fa, senza tragedie o spargimenti di sangue, e chiunque mi conosca sa benissimo che a un giretto nei vari District – perché adesso è così che si chiamano, per la miseria! – preferisco di gran lunga un pomeriggio al lago a sorseggiar bianchini insieme agli anziani e ai turisti crucchi.

La cura per vincere la mia naturale avversione al Fuorisalone mi è stata offerta su un piatto d’argento dal fido Daniele, incapace di accettare le suddette reticenze e convinto che, se presa nel verso giusto, pure la #MDW può trasformarsi in un qualcosa di vagamente piacevole. Il verso giusto, ho scoperto ieri mattina alle 9, era un motorino giallo di MiMoto noleggiato per l’intera giornata, con cui muoverci agilmente e senza alcuno sbatti alla scoperta delle meraviglie del design. Uno scooter elettrico in sharing gestito tramite App con cui ci siamo destreggiati alla grande nel traffico e abbiamo trovato subito parcheggio. Due caschi, una reflex, due smartphone con 100% di batteria, un caricabatteria portatile per le emergenze: più equipaggiati di un reporter d’assalto e con un programma intensissimo davanti a noi, abbiamo affrontato con valore una lunga serie di tappe che avrebbero scoraggiato chiunque.

Rullo di tamburi, ecco la nostra selezione dei must see di questa edizione del Fuorisalone.

Living Nature @ Piazza Duomo

Primavera, estate, autunno, inverno… e ancora primavera. No, non è il film di Kim Ki-Duk, ma un’installazione tecnologica che ricrea un giardino botanico in cui le quattro stagioni condividono lo stesso tetto. In soldoni, portatevi un golfino, ché il passaggio da inverno (con tanto di neve vera) a estate thailandese è abbastanza repentino, e sia mai che vi becchiate una congestione.
Voto Marianna & Daniele: 8
Da non sottovalutare: c’è coda, sappiatelo. Noi l’abbiamo balzata brandendo una reflex e sbandierando il nostro essere giornalisti, ma il tempo d’attesa potrebbe essere superiore ai 10 minuti. Ciò detto, nonostante da fuori non sembri promettente, li vale tutti.

Chiostri dell’Università Statale

I Chiostri della Statale son sempre belli, con o senza Fuorisalone. Se siete alla ricerca di ottime Instagram Opportunities o di una nuova foto profilo, però, avete un motivo in più per andarci: fa fede la foto che vedete, noi attendiamo fiduciosi i vostri selfie.
Voto Marianna & Daniele: 9 all’aggeggio rosa, il resto 7 (ma è tutto location).

COS X Phillip K. Smith III @ Palazzo Isimbardi

Se volete osservare uno stuolo di pirla che si bombarda di selfie davanti a una (bella) installazione composta da tante pareti specchiate, siete nel posto giusto. Bellissima la situa del giardino bucolico una volta superati i poser, dove potete placare gli istinti omicidi bevendo un caffè gratis, che non fa mai male.
Voto Marianna & Daniele: 9.

SixGallery

Avevamo letto di un’installazione con 33k spighe di grano, ispirata al deserto americano, e una volta alla SixGallery stavamo per andarcene, perché non vedevamo un tubo. Fortuna che un sciuro ci ha fatto alzare gli occhi.
Voto Marianna: 4 per il fastidio.
Voto Daniele: 6 per l’impegno.

SmarTown @ Orto botanico di Brera

700 piccole casette luminose distribuite all’interno dell’Orto Botanico di Brera: l’obiettivo dell’installazione è tra l’ecologico e il sociale, ma la gente si lamentava di non capire che cazzo fosse.
Voto Marianna: 8 (mi associo alla mandria di capre di cui sopra, ma esteticamente figo).
Voto Daniele: 4 per l’inutilità.

Bar Anne @Museo Diocesano

Ah, gli architetti e i designer olandesi! Qualsiasi sia il vostro orientamento sessuale, qui vi rifarete gli occhi meglio che a Bondi Beach: se c’erano installazioni, noi non le abbiamo notate.
Voto Marianna & Daniele: 10, perché i manzi valgono quanto un pezzo di design.

Il pianoforte di luce e di cristallo @ Superstudio

Sull’installazione Crystal Rain nulla da dire, è obiettivamente una delle più suggestive in cui vi imbatterete al Fuorisalone: un caro saluto e un abbraccione alla povera cristiana costretta sia a suonare il piano h24, che a finire in milioni di Instagram Stories, foto e video di perfetti sconosciuti. Zuck, pensaci tu.
Voto Marianna & Daniele: 9, perché ‘ste scenografie da paura fanno il loro sporco lavoro.

The Diner by Surface Magazine @ via Ferrante Aporti 1

Uno dei tunnel della Stazione allestito a metà tra un tipico diner americano e un night club fighetto di Miami; chi non ha prenotato può comunque sedersi su uno sgabello, mangiare al bancone e farsi un’instagrammata con le scritte al neon e le lampade-mappamondo. Sembra la scenografia di un concerto di Lana Del Rey: ci manca solo lei che canta su un’altalena e ciao.
Voto Marianna & Daniele: 8, che non sono di sicuro gli euro che abbiamo speso al bar.

In conclusione, girare per Milano durante la Design Week in motorello è uno sciallo. Ciò premesso, per quanto mi riguarda, anche quest’anno mi sono tolta questo Fuorisalone dai coglioni. E per di più sin dal primo giorno. Ma MiMoto continuerò ad usarlo.

Articolo scritto in collaborazione con MiMoto.
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