Entusiasmante quanto il finale delle serie tv più in hype, c’è solo quel momento in cui, sui social, iniziano a definirsi gli schieramenti pro e contro abbronzatura. Da un lato, con la protezione 50+ incorporata, abbiamo i discendenti dei Cullen, che – con le unghie e con i denti – difendono la propria carnagione opalescente. Dall’altra – con costumini striminziti e taniche di autoabbronzante – abbiamo coloro che si lasciano sfrigolare al sole all day all night a mo’ di cotoletta alla milanese.
La costante, in entrambi i casi, sono le scottature. Più o meno estese sui corpi delle due fazioni avversarie, spesso e volentieri sono localizzate in quelle che sono le parti più delicate ed esposte ai raggi solari. Il problema, però, è stato finalmente risolto con il towelkini.
Agli occhi dei più potrebbe sembrare solo un semplice asciugamano dai colori opinabili con aperture dubbie. In parte ci avete azzeccato. Ma non è un semplice telo mare su cui morire sotto al sol leone, è anche un costume perfetto per proteggere le zone arrossate e un pareo con cui menarsela al bar della spiaggia. Da qui il nome towel (asciugamano) e kini (bikini).
A inventare la Giargiagenialata è stata l’artista newyorkese Aria McManus che puntava a far fuori per sempre lo scomodo e ingombrante telo da spiaggia.
Se pensate che il towelkini sia un’emerita cavolata, sappiate che è stato messo in vendita – nelle varianti rosa e giallo – a 199 dollari ed è finito sold out nel giro di un secondo.
I misteri dell’abbronzatura.
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