Sbroccate, sbroccate alla grande miei prodi! Basta trattenersi: via libera agli esaurimenti nervosi per colpa di colleghi incapaci e capi che non ci capiscono una cippa lippa. Perché il burnout non è altro che l’insieme di tutto questo, delle dinamiche che ti sfiancano dal punto di vista fisico e mentale.
Da oggi in poi il termine comparirà – senz’ombra di dubbio – anche su cartelle cliniche e certificati medici. Questo perché l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha deciso di inserirlo nell’International Classification of Diseases (ICD), il manuale attraverso cui i medici diagnosticano le malattie a noi tutti.
Ma andiamo nello specifico. Il burnout è stato classificato nella sezione occupazione e disoccupazione. Non a caso, i criteri che stabiliscono la sua presenza o meno sono: esaurimento psichico e fisico, alienazione, negatività, cinismo, riduzione della qualità delle performance lavorative.
Se vi riconoscete nella descrizioni qui sopra, un controllino s’ha da fare, but first: i medici devono escludere che non si tratti di disturbi dell’adattamento, ansia e altre alterazioni legate all’umore. L’ambiente in analisi poi, si limiterebbe a quello lavorativo e non alla sfera privata. Per i furbetti: suocere e mogli tra le mura domestiche non sono contemplate!
Dopo anni di studi – il primo risale al 1974 – il burnout salverà ciapet e posto più o meno fisso a molti di noi. Una mezza gioia.
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