In ballo ci sono due milioni e mezzo. No, in questo caso non stiamo parlando dei big money che vorremmo tutti fatturare quest’anno, ma dei metri quadrati che stanno per vivere una seconda vita con progetti niente male. Di questi, un milione di metri quadrati sono quelli su cui nel 2015 abbiamo avuto Expo, mentre l’altro milione e mezzo è quello dove in passato c’era l’acciaieria Falck. Cos’hanno in comune questi territori? Un bel po’, a dire il vero.
In primis sono entrambe aree industriali in riqualificazione ai lati di Milano: da una parte i confini con Rho, dall’altra siamo a Sesto San Giovanni. Quindi piena giargialandia. C’è un nome che unisce i due luoghi: quello di Giuseppe Bonomi, 61 anni, manager prima di Arexpo, e poi, dal 17 maggio di quest’anno, del progetto MilanoSesto, che ha in mente di creare – come lui stesso l’ha definita – una Silicon Valley italiana. «Il compito è trovare un’anima a pezzi immensi di territorio – ha dichiarato lo stesso Bonomi al Corriere della Sera. Per farlo bisogna essere in grado di convincere investitori pubblici e privati a sposare progetti di sviluppo urbano con modelli di città innovativi e alternativi. Non è più possibile costruire e poi appendere il cartello “vendesi”».
E quindi? Cosa sta per succedere? I progetti per le due aree sono entrambi audaci. Ne abbiamo parlato in passato, ma è meglio fare un recap:
Sull’area ribattezzata Milano Innovation District (Mind), ossia Distretto dell’Innovazione, è destinato a sorgere entro il 2024 Human Technopole, la più importante sfida italiana nel campo della ricerca scientifica, concentrata principalmente su quattro filoni di studio: genomica, neuroscienze, biologia computazionale e biologia strutturale, e per la quale sono stati investiti 1,5 miliardi; il campus della Statale che trasferirà le sue facoltà scientifiche con 18mila studenti (380 milioni di investimento) e l’ospedale Galeazzi (300 milioni); intorno anche multinazionali della farmaceutica e della ricerca.
Nelle zone ex Falck di Sesto San Giovanni invece c’è il progetto di Renzo Piano da 1,4 e rotti milioni di metri quadrati, di cui il 30% sarà occupato da superfici private, mentre il 70% sarà a uso pubblico, tra il parco (450 mila metri quadrati), il polo della Città della Salute (210mila metri quadrati) più la Scuola di formazione in neuroscienze ed oncologia che fa capo all’Università Statale di Milano e a quella della Bicocca.
In che senso però si parla di Silicon Valley? Non per avere tutte tech company, si intende, ma nel senso che per iniziare dei progetti top servono sì interventi pubblici, ma con l’obiettivo di creare un ecosistema che agevoli poi investimenti privati. «Il distretto tech californiano – ha continuato sempre Bonomi per il Corriere – è partito da un’idea e dai fondi del governo federale americano che poi ha creato un ecosistema fatto anche di agevolazioni fiscali per gli investitori esteri. Milano ce la fa lo stesso anche senza, ma, attenzione, bisogna continuare lungo il solco fin qui tracciato. Non bisogna frenare la spinta».
Se poi ci aggiungiamo il prossimo biglietto unico ATM da due euro, ecco che a Milano le stanno provando davvero tutte per fare andare gli Imbruttiti verso giargialandia, che non sarà bella come un Bosco Verticale, ma con progetti così ci si può pensare. E poi gli spazi abitativi sono sempre meno, il flusso di Giargiana che arriva aumenta, e da qualche parte bisognerà pure sistemare tutta ‘sta gente (Milano è la più bella, ma è estesa per 180 km quadrati… minga tropp).
Ok, tutto bello, però bagai che fate sti progetti, lo sapete che il naming fa la differenza: se la chiami MilanoSesto è come chiamare un dolce PanettonBabbà… non è che vale proprio tutto adesso, né!
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