Indubbiamente il Coronavirus non ha fatto bene alla nostra ipocondria. Nelle prime settimane di emergenza Covid-19 non si capiva bene quali fossero i sintomi principali del virus: febbre, tosse, assenza di gusto e odori, fatica a respirare? Tutti insieme o solo uno di questi? E mal di denti, acne, flatulenza no? Questa insicurezza ci ha portati (inutile fingere) a smanettare su Google per capire se il nostro malessere potesse essere giustificato dal contagio.
In realtà il Coronavirus non ha fatto altro che portare a galla un’ansia atavica per le malattie, meglio nota come ipocondria. Nel 2020, però, con la presenza di internet e dei motori di ricerca, questa ansiogena paranoia prende il nome di cybercondria. Siete cybercondriaci, per intenderci, quando avete qualche sintomo che vi preoccupa e decidete così di andare a cercare su Google le possibili cause a esso collegate. Una roba che, a dirla a qualsiasi dottore, vi manderebbe a cagare seduta stante. Il cybercondriaco, infatti, quando va a cercare le cause del proprio sintomo sul web si convince immediatamente di essere in punto di morte.
Poco importa che si tratti di malesseri banali come mal di testa, inappetenza o cagotto, il cybercondriaco durante la ricerca online si concentra solo sulle più rare, improbabili, ma ovviamente gravissime patologie collegate al sintomo. Spulciamo qualche ricerca di questi anni: già nel 2010 l’88% degli americani fruitori di internet ricercava informazioni online piuttosto che affidarsi al proprio medico. Dal 2007 al 2016 queste ricerche sono aumentate del 62% negli adulti del Regno Unito. In Italia, stando a un sondaggio della IBSA Foundation for Scientific Research, l’88% (il 93,3% delle donne) cerca sul web informazioni sulla propria salute e la metà di loro prende per buoni i primi risultati senza preoccuparsi di verificare l’affidabilità delle fonti.
Stando allo studio, la fascia principalmente attiva è quella compresa fra i 24 e i 34 anni. E, dulcis in fundo, il 96% di chi cerca informazione sulla salute online è in possesso di una laurea. E ora, siate sinceri: chi si è convinto di essere in punto di morte dopo uno starnuto?
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