Passeggiare per i Navigli ammirando i quadri esposti nei piccoli atelier. Dipinti che raccontano Milano, magari quella più vecchia e affascinante, con i suoi tram, le sue vie. Ma anche ritratti sinuosi, coppie abbracciate, o creazioni astratte. Questa romantica immagine dei Navigli, però, si sta lentamente ma inesorabilmente trasformando in altro. I pittori stanno rinunciando sempre più spesso ai loro spazi a favore dei locali della movida.
“Il mio studio di pittura dopo ben 43 di attività è stato costretto a chiudere i battenti – ha raccontato al Corriere il pittore Matteo Laganà – ciò è dovuto al fatto che la proprietà (noti imprenditori milanesi) ha deciso di non rinnovarmi più il contratto di affitto alla sua naturale scadenza. In tutti questi anni ho sempre pagato regolarmente e puntualmente l’affitto. Ognuno è libero di gestire gli immobili come meglio crede, ma non c’è stato alcuno scrupolo nel liberarsi di un pittore di 74 anni che ha dato tanto ai Navigli degli artisti”.
Un bel cambiamento, se si pensa che tra gli anni Ottanta e Novanta i Navigli brulicavano di artisti e si contavano più di un centinaio di botteghe e atelier. Oggi di artisti attivi ne saranno rimasti una ventina ma anche per loro la situazione resta precaria. “Purtroppo la sorte che è toccata a me è la stessa di decine di altri che hanno fatto di questo luogo uno dei simboli culturali di Milano“, ha raccontato Laganà, che è anche presidente del Gruppo Pittori del Naviglio Grande. “Tutti questi spazi lasciati liberi si stanno trasformando esclusivamente in pizzerie, birrerie ed enoteche, con buona pace della cultura e dell’arte”.
“Ormai questo processo di trasformazione va avanti da anni. La qualità della vita di questa zona è notevolmente calata, lo possono vedere tutti. In tante altre città europee è successo l’esatto contrario: atelier e gallerie hanno aperto riempiendo spazi dismessi, ridisegnato interi quartieri”. Il processo di trasformazione sembra però inevitabile: del resto ristoranti e pub rendono molto di più di botteghe e atelier. I locali, inoltre, si possono permettere canoni di affitto molto più alti di quelli sostenibili da un pittore o un artigiano. Insomma… bye bye Milano romantica, benvenuta Milano da bere.
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