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Il sindaco Beppe Sala ci riprova. Con la frase, da lui stesso definita infelice, in cui dichiarava “Basta smart working, è giunto il momento di tornare a lavorare”, il primo cittadino aveva fatto incazzare non poche persone. Ora è tornato sull’argomento.

Il primo cittadino ha parlato in occasione della presentazione del libro del sindacalista Marco Bentivogli, Indipendenti. Guida allo smart working. “Se il lavoro si trasforma così radicalmente, il nostro statuto dei lavoratori, che è del 1970, è ancora qualcosa su cui fare conto o bisogna rinnovarlo drasticamente?”, si è chiesto il buon Beppe ragionando sulle implicazioni che lo smart working, conseguenza diretta della pandemia, sta avendo sul mondo del lavoro.

Ok, dicendo che lo smart working non è lavoro ha fatto uno scivolone. Lo ha ammesso anche lui. Il sindaco resta comunque preoccupato di come potrà essere il futuro se il lavoro da casa continuerà a sostituire quello in ufficio. “Io non sono contrario allo smartworking, lancio dei segnali di attenzione e dico che la politica dovrebbe occuparsi di questo e non avere paura di sollevare la questione. Le aziende sono ciniche, per così dire, e dovranno trovare formule per ridurre i costi. E stanno cominciando con gli spazi, ma alla fine il rischio che proseguano con il personale c’è. Da sindaco, se vedo una torre che dovrebbe ospitare 2-3 mila dipendenti sbarrata, non posso non preoccuparmi”.

Sala ha poi manifestato, ancora una volta, i suoi dubbi nei confronti del lavoro casalingo per come lo stiamo vivendo ora. “Di fatto non c’è un controllo sul fatto, ad esempio, che tu stia al pc o meno, al telefono o meno, quindi parliamo d’altro. Di fatto non è smart working quello che facciamo oggi“. 

Infine, secondo il sindaco “Milano pagherà un prezzo alto” dopo l’emergenza Covid, “perché le cose andavano bene ma tonerà ad essere la città guida d’Italia perché abbiamo la visione di quello che sarà il futuro e ci arriveremo”. Oh, sperem.

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