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Le donne inquinano meno degli uomini, ma soffrono di più per i cambiamenti climatici, sostiene una ricerca

Secondo un rapporto in discussione all’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, le donne hanno una coscienza climatica più accentuata ma rischiano di più la vita

Care Imbruttite, c’è qualcosa di definitivo che vi lega alla paladina dei cambiamenti climatici, Greta Thunberg. Il fatto di essere donne. Banale? In realtà no. Secondo il rapporto Combattere le ineguaglianze rispetto al diritto a un ambiente sicuro sano e pulito, in discussione all’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, le donne inquinano meno degli uomini ma soffrono più di loro a causa dei cambiamenti climatici. L’è inscì.

In sostanza le donne avrebbero una coscienza climatica più accentuata e sarebbero molto più preoccupate degli uomini per le sorti del pianeta. Addirittura a livello mondiale la probabilità che una donna muoia a causa di disastri naturali è 14 volte superiore a quella di un uomo. Sbeeem. Sarà per questa intima sensazione di precarietà che le donne prestano più attenzione. Giusto per dirne una: durante l’ondata di calore che ha colpito il Portogallo nel 2003, sono morte il doppio di donne rispetto agli uomini. Ma snoccioliamo qualche altro numerino, va: un nuovo studio pubblicato sul Journal for Industrial Ecology condotto da Ecoloop e dalla Chalmers University in Svezia, in collaborazione con l’Università di Groningen, Paesi Bassi, ha rivelato come lo stile di vita maschile provochi il 16% in più di emissioni di quello femminile. Zozzoni.

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Se vi state chiedendo come mai le donne siano più penalizzate, è presto detto. Pensate ad esempio che le donne sono spesso coloro che procurano legna e acqua nelle società rurali in Asia e Africa. La siccità le costringe a cercare acqua e carburante sempre più lontano dai villaggi, esponendole a numerosi rischi, dalle violenze sessuali agli omicidi. In Asia la maggior parte della popolazione femminile non sa nuotare, e in caso di eventi catastrofici le donne sono inevitabilmente le prime vittime, anche perché hanno un ruolo di responsabilità maggiore su bambini e anziani e durante le emergenze rischiano per questo di restare indietro.

Bè, se le cose stanno così sembra più che naturale che di clima si occupino prevalentemente le donne, no? Ennò. L’Assemblea globale delle donne per la giustizia climatica ha lanciato un appello alle Nazioni Unite, sottoscritto da più di 120 associazioni, per promuovere la leadership femminile in questo ambito. Ci sta tutto, vista la situation. Anche perché secondo questa coalizione di eco-femministe, il paradosso, e l’ennesimo gender gap, è che nonostante le donne siano più vulnerabili in merito agli effetti del riscaldamento globale, sono di fatto escluse dalla diplomazia climatica. Ma pensa te.

“Le donne stanno aprendo la strada del cambiamento“, sostiene Osprey Orielle Lake, promotrice dell’appello e fondatrice della Women’s Earth and Climate Action Network, come riportato da Repubblica e “La Cop26 deve tracciare un percorso per limitare l’aumento della temperatura a 1,5 °C e aiutare soprattutto donne e bambini a sviluppare una maggiore resilienza agli impatti del cambiamento climatico”. Non che le leader non ci siano, eh. Tra le donne impegnate in prima linea, oltre alla già citata Thumberg, troviamo la finlandese Sanna Marin che per il suo Paese punta all’obiettivo della carbon neutrality al 2035. Ma anche Jacinda Ardern, la premier neozelandese che vuole portare il Paese verso il 100% di energia rinnovabile entro il 2030.

Ma anche Kamala Harris, la vicepresidente di Joe Biden che con il presidente Usa ha già impostato un rientro negli accordi sul clima di Parigi, da cui gli Stati Uniti sono usciti per scelta di Trump. Poca roba, comunque. Di questa evidente disparità di genere si parlerà comunque nelle due settimane della Cop26 di Glasgow. Cambierà qualcosa? Mah, sperem.

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