
Dopo mesi chiusi in casa a lavorare causa Covid, e altri mesi ancora in smart working, le nostre abitudini in fatto di pausa pranzo non potevano che subire grandi cambiamenti. A darci un po' di numeri per analizzare la situa è l’indagine Nomisma per l’Osservatorio Cirfood District. La ricerca è stata effettuata su un panel di 1.000 occupati in tutta Italia, e ha analizzato la trasformazione degli stili di vita e delle nuove abitudini alimentari dei lavoratori italiani in pausa pranzo. Vediamole qui di seguito, così poi ci dite se vi rivedete in queste nuove tendenze oppure not.
Prima di tutto: la qualità. Se prima capitava di mangiare quello che passava il convento, adesso facciamo più attenzione a ingredienti e materie prime. Importante non solo per la nostra salute, diventata evidentemente prioritaria dopo la pandemia, ma anche per una questione di benessere psicofisico. Ci sta. A braccetto con questo mood, l'attenzione per l'ambiente: il 42% degli intervistati ha dichiarato di preferire il cibo sano, il 26% sta cercando di ridurre il consumo di carne, il 53% segue altri stili alimentari tipo veganesimo, vegetarianesimo, bio, crudismo e compagnia bella. In generale, un italiano su due ha cambiato o sta cambiando le proprie abitudini alimentari e questo è un fatto.

Ora, c'è chi la pausa pranzo la fa in azienda, chi al ristorante o al bar e chi invece se la fa a casa. Grande entusiasmo fra chi gode della mensa aziendale: 8 lavoratori su 10 (quindi l'83%) ritengono questo servizio di pappa pronta molto importante: top per la salubrità dei pasti (83%), per le materie prime di qualità utilizzate (81%) e per la possibilità di socializzare e godere di un momento di convivialità con i propri colleghi (65%), aspetto che, in effetti, negli ultimi anni a molti è mancato. Il godimento del ristorante aziendale, secondo l'indagine, dipende anche dalla competenza e dalla cortesia del personale (70%). Insomma, fare una pausa dal lavoro ed essere serviti e riveriti con garbo è sicuramente un agio apprezzabile. Apprezzabile quanto il rispetto delle norme per il contenimento dei contagi da Covid e la comunicazione chiara sui protocolli di sicurezza (67%). Nel complesso, il 66% dei lavoratori è super contentone dei ristoranti aziendali, buon per loro.
In generale, la pausa pranzo ideale dovrebbe offrire flessibilità in termini di orari di accesso e modalità di fruizione, attenzione all’ambiente, svolgersi in uno spazio con arredi che favoriscano momenti di convivialità con i propri colleghi e avere ingredienti italiani e stagionali. "Dall’indagine di Nomisma emerge come gli ultimi due anni abbiano penalizzato fortemente i lavoratori, essendo spesso mancato loro un servizio fondamentale come la ristorazione aziendale", ha commentato Daniela Fabbi, Direttore Comunicazione e Marketing CIRFOOD. "Questa, infatti, come dichiarano gli intervistati, garantisce benefici in termini nutrizionali, di salubrità, di tempo e di spazi per la socializzazione".
Se siete in smart working, invece, confermerete probabilmente che la pausa pranzo è un momento di vero sbatti. Il 40% fa fatica a staccare davvero dal lavoro e magari si ritrova a mangiare un panino volante sul divano; anche il tempo da dedicare alla preparazione del pasto (34%) è un problema, soprattutto se nel mentre rompono le balle con email e chiamate di lavoro. A imparanoiare gli smart worker è pure il fatto che, non si sa bene perché, lavorando da casa si mangia di più e quindi si prende peso a volontà (30%). Oh, dati alla mano, uno smart worker su cinque ha dichiarato di essere aumentato di peso a seguito del cambiamento nelle abitudini della pausa pranzo. E poi chiaro, mangiare da soli a tavola non piace quasi a nessuno: al 75% dei lavoratori da remoto pesa la mancata socializzazione con i colleghi. Dai, che sadness.
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