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Da Paderno alla montagna: a 23 anni molla tutto e va a vivere (e lavorare) in un rifugio a Sondrio

Federico Pessina ha mollato la sua vita in quel di Milano per prendere in gestione un rifugio a Sondrio, in cui si arriva dopo un'ora e mezza di sentiero a piedi.

Il sequel di Mollo tutto e apro un chiringuito potrebbe essere… Mollo tutto e apro un rifugio in montagna? Why not! Del resto oh, c’è chi lo fa. Certo, fa strano sapere che un ragazzo di 23 anni abbia scelto di abbandonare la City per vivere e lavorare ad alta quota, per la precisione nel rifugio Chiavenna in Val di Spluga, a Sondrio. Però è anche ammirevole, tra tanta gente che si immagina di cambiare radicalmente vita, ogni tanto c’è qualcuno che ci prova sul serio. Il ragazzo in questione si chiama Federico Pessina, e a MonzaToday ha raccontato motivi e dettagli di questa revolution.

Pessina abitava a Paderno Dugnano, ma è sempre stato appassionato di montagna. Figa, basta dare un’occhiata al suo profilo Instagram per avere un’idea della fissa totale per le vette: arrampicate, panorami, cime innevate. Tutto così. Dopo la maturità ha iniziato a lavorare al rifugio Gianetti in Val Masino, Sondrio, e lì si è preso benissimo col lavoro del rifugista. “Essere parte di quella montagna e vedere la felicità degli alpinisti e amanti della montagna rendeva felice anche me”. E allora taaac, è arrivata l’ideona. Ma se ci vivessi direttamente, in montagna?

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Da lì il Pessina ha fatto esperienze anche in altri rifugi, poi è arrivata la grande opportunità. È uscito il bando del Cai per l’assegnazione del Rifugio Chiavenna e il 23enne si è buttato. Non aveva grandi speranze vista la giovane età, e invece indovinate? Ce l’ha fatta. Bomba. Che poi oh, parliamo di un rifugio serio eh. A quota 2.040 metri, nella conca dell’Angeloga, sotto al Pizzo Stella, fronte lago e di fianco ad alcune baite che appartenevano a pastori e che sono state trasformate dagli eredi in case che frequentano nei weekend e durante le vacanze estive. Un rifugio bello isolato: si arriva solamente a piedi, da Fraciscio o da Madesimo, distanti circa un’ora e mezzo di sentiero senza difficoltà. Che sbatti.

“Sicuramente la cosa più bella del lavoro in rifugio è il poter stare strettamente a contatto con la natura e il luogo in cui viviamo – ha spiegato Federico – Vediamo e viviamo il passare delle stagioni attraverso i colori della natura e gli animali che vi abitano. È bello condividere la passione per la montagna con i frequentatori del luogo e parlare dei diversi modi che abbiamo di viverla”. Il lavoro è una faticaccia mica da ridere: Pessina deve organizzare i rifornimenti (in elicottero), la cucina, le pulizie, l’accoglienza clienti, ma pure far conoscere il luogo e la montagna, dare indicazioni e controllare la situazione dei sentieri e informare le persone di passaggio di eventuali pericoli. Impegnativo.

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A Paderno, comunque, Pessina ci torna di tanto in tanto. Non fisso però, anche perché non lavorerebbe mai in un ufficio. Per carità. “Sono andato via da Paderno proprio perché fuori dalla natura e dalle montagne mi sento come in gabbia, mi piace però tornarci visto che lì ho li amici e fidanzata”. Che dite, vi piacerebbe fare una experience in un rifugio? “Se non diventerà il lavoro della vita – è il consiglio del Federico – sarà almeno un ricordo pieno di forti emozioni, di persone nuove, di sveglie all’alba per preparare le colazioni agli alpinisti e di forte contatto con la natura, utile per ridimensionare le nostre abitudini e tornare a una vita più semplice e meno superflua”.

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