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Chissà perché nella mentalità di molti lo smart working è ancora visto come un modello lavorativo di serie B. Ma, chissà perché, quando poi ci sono delle emergenze lo smart working diventa improvvisamente l'unica soluzione percorribile. È stato così durante la pandemia, ed è ancora così in questo periodo di crisi energetica e caro bollette. Ultimamente, con la fine (?) della pandemia, molte aziende hanno deciso di far tornare i propri dipendenti in office, abbandonando o riducendo il lavoro da casa. Tanto per dare i numeri, i lavoratori da remoto quest'anno sono stati circa 3,6 milioni, mezzo milione in meno rispetto allo scorso anno ma un botto di più rispetto ai circa 500 mila a.p. (prima della pandemia). Tuttavia, l'aumento di qualsiasi cosa e soprattutto di energia, nel 2023 riporterà molti lavoratori allo smart working. Questa prospettiva è emersa da uno studio dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, che ha cercato di capire quanto risparmiano le aziende grazie al telelavoro.

Di aziende già operative, da questo punto di vista, ce ne sono. Come riportato dal IlPost, per risparmiare sulle bollette, tutti i venerdì fino al 4 aprile il Comune di Milano spegne luci e riscaldamenti dei suoi uffici e i 2mila dipendenti delle quattro sedi lavorerano da remoto. Anche Tim prevede 2 giorni di lavoro in presenza e 3 giorni da remoto, di cui uno sempre il venerdì, giorno in cui le sedi sono chiuse per risparmiare energia. Del resto, come ha rilevato l'Osservatorio, se un’azienda stabilisce due giorni a week in smart working, può riuscire a tagliare i costi annui di 500 euro a postazione. Not bad. Se poi a questa iniziativa unisse anche la riduzione degli spazi della sede, il risparmio potrebbe aumentare fino a circa 2.500 euro l’anno per ogni lavoratore. Insomma niente male, specialente di 'sti tempi.

Ovviamente anche i dipendenti avrebbero dei vantaggi, seppur inferiori a quelli delle aziende. Solite cose, si ridurrebbero più che altro i costi relativi agli spostamenti, come benzina o abbonamento ai mezzi pubblici: si potrebbero avanzare nel portafogli fino a mille euro l’anno, che però a onor del vero non sarebbero soldi netti. A questa grana risparmiata, infatti, dobbiamo togliere l'aumento dei consumi domestici dovuti proprio al telelavoro, che lo studio dell’Osservatorio stima in circa 400 euro l’anno. Quindi, facendo una sottrazione facile facile, il dipendente lavorando da casa potrebbe comunque risparmiare tipo 600 euro in un anno. Li vogliamo buttare via? Anche no. Poi, al di là del cash, a molti lavoratori non dispiace affatto lavorare at home, qualche volta, quindi punti benessere guadagnati.

Ma cosa potrebbero farci le aziende con i soldi risparmiati grazie allo smart working? Secondo lo studio sarebbe interessante sostenere il potere d’acquisto dei lavoratori, ad esempio con bonus o benefit. Ahinoi, però, solo il 13% delle aziende prese in esame dall'Osservatorio prevede dei bonus o rimborsi (che non siano i buoni pasto) per i dipendenti che lavorano da remoto. Il problema di fondo raga è che molte aziende non hanno la flessibilità, la tecnologia e la mentalità per adottare sapientemente il lavoro da casa. Peccato, perché alla fine, come abbiamo appena visto, chi ci guadagna è soprattutto l'azienda stessa.

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