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Mentre i sindacati si scaldano per uno sciopero fissato il 7 dicembre che minaccia l'apertura di Palazzo Citterio, ecco che il Ministero della Cultura fa scendere il jolly vincente: il Cenacolo Vinciano, il gioiello di Leonardo, passa sotto la gestione della Pinacoteca di Brera. Vabbè, e a noi?

Lo switch è opera di una riforma ministeriale, una sorta di progetto-lumaca iniziato nel lontano 2019 (grazie all’ex ministro Bonisoli) ma che è stato bloccato, ripreso e poi finalmente completato ora, con l’obiettivo di ridisegnare la gestione dei musei statali e di riorganizzare un po' le competenze.

Però per Milano è un colpaccio bello e buono: il Cenacolo è una calamita che attira gente da tutto il mondo, l’opera che da sola fa muovere l’economia del turismo culturale. La Direzione regionale dei musei lombardi, invece, storce un po' il naso: il Cenacolo era l’unico pezzo forte a Milano tra i 12 musei regionali. Adesso? Dovranno fare di più con meno, affidandosi soprattutto alle sedi sul Garda, che, diciamocelo, per prestigio non giocano nella stessa lega.

Il direttore generale della Pinacoteca di Brera, Angelo Crespi, però, è super excited: "È un onore e una grossa responsabilità – ha detto – il Cenacolo è patrimonio Unesco, un'opera che ha segnato la storia dell'arte mondiale, e ora Milano avrà un grande polo museale, come gli Uffizi a Firenze." Insomma, il piano è chiaro: creare una "Grande Brera", un centro culturale di caratura internazionale che mette insieme il Cenacolo, la Pinacoteca e la Biblioteca Braidense sotto un’unica gestione.

Vi piace come idea?

Beh, opinioni a parte, già nel 2019 Emanuela Daffra, allora direttrice dei musei lombardi, aveva detto la sua: "Ok, il Cenacolo e Brera insieme ha senso storico, ma quanto costerà gestirli? E con quale personale?". Insomma, i dubbi sulla logistica e sulle risorse ci sono, eccome. E ha ragione: il Cenacolo e Brera hanno sempre avuto un filo rosso, una connessione storica che risale a quando Ettore Modigliani dirigeva Brera agli inizi del Novecento. Poi c’è stata Fernanda Wittgens, Carlo Bertelli, Pietro Petraroia, che hanno messo mano ai restauri dopo la guerra e negli anni Novanta. Insomma, un’eredità mica da ridere, che però potrebbe pesare non poco sulle spalle del nuovo team, specie se il personale è contato col contagocce.

Ma Crespi non si fa scoraggiare: per lui questa "Grande Brera" è un progetto ambizioso, un sogno, e non vede l’ora di potenziare l’alleanza tra la Pinacoteca e l’Accademia di Belle Arti. A conti fatti, per lui è un modo per "riportare il Cenacolo nel suo contesto storico, far risplendere il sistema museale lombardo e avere un impatto positivo anche a livello nazionale".

E chiaro, non dimentichiamo che con il Cenacolo Brera si fa il pieno di biglietti e incassi che potrebbero far crescere la Pinacoteca…

 

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