
Uno dei dilemmi pre-weekend, è: "Finalmente un po' di tempo libero, ma che posso fare di bello?". Durante la settimana siamo finiti nel solito tritatutto di sbatti, e non abbiamo avuto tempo di organizzare. Così ci parte la Fomo, magari la family pressa per stare insieme e andare a vedere qualcosa di carino ma noi - di idee in testa - ne abbiamo zero. Lucky you, perché arriviamo noi as usual con la pappa pronta a regalarvi la dritta: il Castello di Montecavallo. Sta a Biella, ma non fate quella faccia: si arriva in un’oretta da Milano. Facilefacile.
Basta la macchina, Spotify e un paio di snack per il viaggio. Appena arrivi ti viene il dubbio di aver sbagliato secolo: ti ritrovi su una collina, con un castello neogotico del 1830, una cappella con una Pietà scolpita da un carrarino top (mica Ikea), e intorno solo vigne, boschi e giardini all’italiana. Roba che Pinterest, spostati. Il Castello di Montecavallo è sito di produzione vitivinicola dal 1830, anno della sua costruzione.
La storia? Affascinante. Tipo che qui si coltivava uva già nel ‘200 e oggi è ancora tutto in mano alla stessa famiglia — con Tomaso e Martina Incisa della Rocchetta a mandare avanti baracca e botti. Ma occhio: non è la solita cantina vintage ferma nel tempo. Negli ultimi anni hanno ristrutturato tutto, modernizzato il branding (ci tengono, oh), messo su un’accoglienza da boutique hotel e rilanciato i vini in chiave contemporanea.

E che vini, signore e signori. Qua si gioca serio: il Nebbiolo lo fanno in purezza (si chiama ARALCADER, nome in codice della nonna artista), poi c’è il blend Nebbiolo-Vespolina CAJANTO — che pare il vino di casa, come diceva la mamma. E ancora: INDERO, il rosato frizzante solo nel nome, ALTAIR, un bianco che ti spacca di freschezza, e SUPER SIDERA, un vermouth rosso fuori dagli schemi.

Tutto questo lo puoi degustare lì, ovviamente, tra una visita guidata alla cantina dell’800 (con bottiglie che probabilmente hanno visto Napoleone) e un giro nel giardino tra glicine e ortensie. E poi c'è la questione sostenibilità eh: perché qui non si tratta solo di fare il vino buono, ma anche di rispettare la terra. A differenza di molte zone vitivinicole dove si spiana tutto per far spazio ai filari, qui i vigneti convivono con i boschi. Non è una metafora bucolica, è la realtà: i grappoli crescono accanto a querce, castagni e una fauna che si fa i fatti suoi ma arricchisce l’ecosistema. Biodiversità vera, non da brochure. E il risultato si sente nel bicchiere.
C’è poi una chicca da raccontare agli amici quando si torna a Milano: il terreno su cui sorgono le vigne milioni di anni fa era un fondale marino. Tradotto: sotto i piedi, tra un calice e l’altro, c’è sabbia. Oltre alle vigne, che circondano l’intera proprietà, il castello è cinto da un grande bosco ed un giardino, disegnato contemporaneamente al castello e tipica rappresentazione di ciò che si definisce "giardino all’italiana". Foto a manetta.

Il plus? Ti puoi pure fermare a dormire nella foresteria sotto la torre. Tre camere di charme, mobili d’epoca, zero stress. Se vi svegliate con il canto degli uccellini, no, non è un filtro su TikTok: è proprio la vita vera. Insomma, se cercate un’esperienza fuori porta ma dentro la qualità, Montecavallo fa il suo figurone. A un’ora da Milano vi godete un weekend slow, tra verde, vino, storia e charme, senza rinunciare a Instagrammabilità e buon gusto (letteralmente).
E se bevete un calice di troppo, non serve cercare l’ultimo treno per Porta Garibaldi. C’è già il letto pronto.

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