
Guarda che la vita è proprio bizzarra. Proprio nei giorni in cui si è celebrato l'Hamburger Day (28 maggio) e il progetto Carni Sostenibili ha diffuso i dati di quanti panozzi del genere si mangiano in Italia ogni anno (250 milioni!), arriva a rattristarci la notizia della crisi di Burgez, un brand in cui tutti i cultori milanesi degli hamburger si sono imbattuti almeno una volta.
L'autoproclamato "fast food più irriverente del mondo" si è fatto strada da metà degli Anni Dieci e ha cominciato a macinare talmente tanti successi in città da essere esportato anche in altri capoluoghi. Il massimo dell'espansione lo ha raggiunto con 20 locali e 10 milioni di fatturato l'anno, con anche l'onore del libro edito da Mondadori "Il Vangelo secondo Burgez".
Qui a Milano, d'altronde, siamo i maghi del marketing e qualcuno in casa Burgez era riuscito a ridare alla "svizzera col trucco" un'allure che non conosceva dai tempi di Poldo (l'amico di Popeye): quel qualcuno era, per la precisione, Simone Ciaruffoli, già mezzofondista e poi imprenditore e scrittore che con la sua intraprendenza ha saputo davvero portare una ventata di aria fresca nel campo del food internazionale in chiave italiana grazie allo smash burger (che a differenza dell'hamburger classico ha il dischetto di carne bello schiacciato sulla piastra).
Solo che il marketing e la comunicazione fanno spesso dei soufflé che poi si sgonfiano al primo vento di crisi e, a fronte di debiti che si sono accumulati un po' troppo, il Tribunale fallimentare di Milano ha dovuto aprire la liquidazione giudiziale di Burgez Srl. In questo modo, è stato evitato il fallimento e la società può mettere in vendita i suoi averi per appianare i debiti, "largamente superiori a 30mila euro". Curatrice dell'operazione è l’avvocata Francesca Monica Cocco, che sta già lavorando in vista dell'udienza dei creditori del prossimo 15 ottobre.
E dunque? Che ne sarà dei locali di di via Savona (il primo in assoluto, aperto nel 2015), via Eustachi, via Marghera, via Carmagnola e corso di Porta Ticinese? Per ora resta al suo posto il sito, con il Burgez Manifesto e i suoi proclami irriverenti. Una cosa singolare però ci è successa: navigando per andare a vedere le location ci si è aperta una pagina rossa con un alert poco rassicurante: Sito Ingannevole in Vista (ho fatto lo screenshot per i malviventi e gli scettici). Sarà una delle ultime azioni di guerriglia marketing che il brand si è inventato?
Burgez, king delle polemiche
Perché ve lo ricordate, vero, che fu un'idea loro quella di mettere nella confezione di un hamburger un biglietto fintamente scritto da una lavoratrice: "Aiutami, sono un cassiera di Burgez, non mi stanno pagando da tre mesi. Fallo sapere a tutti". Peccato che non sia esattamente un argomento su cui scherzare. Nel 2018 pubblicarono questo annuncio di lavoro: "Stiamo cercando una cameriera per Burgez in via Savona. Se ci chiedete perché la maggior parte delle cassiere sono ragazze filippine vi rispondiamo perché le italiane il sabato hanno il moroso, il mercoledì hanno la palestra, la domenica la stanchezza, ecc. Italiane, svegliatevi! Il lavoro c’è, siete voi che non ci siete. Per chi avesse voglia davvero di lavorare scrivete a...". Un annuncio che è stato considerato subito molto offensivo, razzista e sessista. Non una grande mossa.
E fu sempre loro l'idea della maglietta per "il vero doggy style" per la festa della donna 2019. Ve la ricordate? Una maglietta nera con il "tutorial" di come mettersi a cagnolino. "Auguri donne. Istruzioni per il vero doggy style, fate contenti i vostri uomini. La doggy style t-shirt in omaggio per voi in tutti gli store dalle 18 in poi. Omaggio per sole donne". A seguito - ovviamente - di critiche e polemiche, il post fu poi cancellato.
Per restare in tema, noi li liquidiamo con un no comment. Al resto penserà il Tribunale.
Autrice: Daniela Faggion
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