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Nel podcast Millions, condotto da Joe Bastianich e Tommaso Mazzanti (quello de All’Antico Vinaio, per capirci), Cristina Fogazzi, aka l’Estetista Cinica ha raccontato senza filtri la sua storia, il suo brand, partendo dall'inizio inizio, quando - da licenziata - è diventata imprenditrice milionaria.

Dai post satirici alle creme virali

Cristina parte da zero. Anzi, da meno di zero. Licenziata nel 2009 da un franchising in crisi, decide di rilevare il centro estetico in via Paolo Giovio a Milano. «Nel 2009 il franchising per cui lavoravo aveva compiuto delle scelte non corrette, dovette ridimensionare e mi licenziò. Io scelsi di prendere il loro negozio [...] perché secondo me aveva del potenziale», racconta Fogazzi. E aggiunge: «Il mio socio ha messo a garanzia 20mila euro per ottenere un fido in banca e incominciammo così».

Parte dai social con vignette satiriche su estetica e clienti, poi l’intuizione: vendere creme online. «Ho realizzato trenta creme con l'idea di venderle nel mio centro estetico. Era un espediente per ottimizzare la resa al metro quadro del centro. [...] Il ragazzo che mi seguiva il blog mi ha suggerito di vendere le creme su un e-commerce».

Packaging “made in Esselunga”

Le idee non mancano, anche quando il budget è parecchio tirato. «Ho messo i miei prodotti sottovuoto perché era più cool. [...] Il mio tipografo è salito in casa, ha preso la "sottovuotatrice" vinta con i punti dell'Esselunga e che usava per i salami». Nasce così il look inconfondibile dei prodotti VeraLab, oggi praticamente culto in bagno per migliaia di italiane.

Nel giro di poco, le cifre iniziano a diventare serie:

«Abbiamo cominciato da zero, abbiamo avuto una crescita di 250mila euro con l'e-commerce, poi un forecast di acquisti da 900mila a 9 milioni».

Durante la pandemia, il botto: da 40 a 65 milioni di fatturato. Un’impennata che la convince a fare il grande passo. «Ho venduto il 30% a un fondo investimento strategico perché dovevo "managerizzare" l'azienda e renderla interessante per attrarre competenze importanti». E si sale ancora: nel 2023 il fatturato ha superato i 73 milioni, l'anno scorso i 74.

Rothschild, finalmente sì

Dopo aver detto no a mezza finanza italiana, arriva il momento giusto: «Negli anni sono venuti tanti advisor di fondi e li ho respinti tutti: Rothschild, Family Office, Bain, Ernst Young. Quando è stato il momento giusto, li ho cercati io. [...] Ho maturato l'idea che dopo aver fatto nascere il mio bambino (l'azienda, ndr), volevo fargli fare l'università. Quindi ho scelto Rothschild».

Nel 2023 il fondo di private equity Peninsula capital è entrato con una quota del 30% nel capitale sociale di Reforme, la società proprietaria del marchio Veralab fondato da Cristina. Veralab si è avvalsa quindi del supporto di Rothschild & co in qualità di advisor finanziario.

Cristina non ha problemi a parlare di numeri, ma sa che per una donna non è sempre ben visto: «Io sono donna, se venissi qui con una Lamborghini verrebbe giù il mondo. [...] Così come se mostrassi al polso un Audemars Piguet da 150 mila euro, mi fa schifo pure quello. [...] Per la donna non è elegante parlare di soldi. Purtroppo questo si chiama patriarcato».

E aggiunge: «Siccome vendo creme un sacco di volte mi hanno dato della Wanna Marchi, una donna finita in carcere».

Il 2025 sarà l’anno del retail

E non si ferma mica qui. Fogazzi punta dritto al retail fisico: «Dai quindici dipendenti durante la pandemia ora siamo più di 100, abbiamo preso gli uffici, quest'anno facciamo retail. Nel 2025 apriremo dieci negozi in tutta Italia. Purtroppo non a Firenze, è troppo costosa e non reggeva il business plan».

La morte? Un’opportunità di marketing

Sempre sul pezzo, anche quando si parla di cose tetre: «Se muori, non muore il brand, il problema peggiore sarebbe impazzire. Dico scherzosamente ai miei dipendenti del marketing che, se non riuscissero a sfruttare la mia morte, li licenzierò tutti dall'aldilà».

 

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