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Possiamo dire?

Era ora.

Senza voler fare i bacchettoni eh, però negli ultimi anni abbiamo assistito al peggio del peggio della genitorialità grazie o a causa dei social network. Madri e padri incuranti del volere dei propri nani che hanno sbattuto i figli su Instagram e TikTok, mostrandone i momenti privati e le fragilità, con un'invasione totale e gratuita della loro privacy e spesso della loro dignità.

Finalmente, qualcosa si è mosso.

La svolta è arrivata dal Tribunale civile di Milano: pubblicare le foto dei figli minorenni sui social può essere un reato. That's it. Il caso nasce da una lite tra due genitori, che si accusavano a vicenda di postare foto dei figli senza autorizzazione (Ferragnex, siete voi?). Il tribunale, invece di mettersi a contare i like, ha fatto una cosa che ormai pare rarissima: ha ricordato che esistono leggi.

E che vanno rispettate.

I figli non sono content per Instagram

In soldoni, i giudici hanno stabilito che i genitori sono responsabili dell’immagine dei figli, anche quando sono loro stessi a scattare e condividere le foto. Che tu abbia postato un ritratto da piccolo influencer o ti sia “scappato” un reel con il nano che balla Baby Shark, sei responsabile comunque.

E non solo moralmente, ma penalmente perché c’è di mezzo il reato di trattamento illecito di dati personali. E in casi estremi può scattare anche l’articolo 650 del Codice Penale, quello che punisce chi non rispetta provvedimenti dati dall’autorità. Tradotto: multa o arresto. Per un post.

Ma quindi, di chi è la foto?

Se pensate: "Vabbè, la foto l’ho fatta io, è mia", no raga, non funziona così. L’immagine di una persona è protetta da tutto l’arsenale giuridico disponibile: codice civile, penale, diritto d’autore. Vale anche se è tuo figlio, anche se ha sei anni e di notte dorme ancora nel lettone. E no, non puoi monetizzare suo malgrado. Se lo stai usando per fare numeri e affiliazioni, quel profitto in teoria andrebbe a lui, mica a te. Ma qui apriamo un’altra porta, e forse è meglio lasciarla chiusa, per ora.

Giusto per mettere i puntini sulle i:

. Il Codice Civile (1948) ci ricorda che se pubblichiamo la foto di qualcuno senza permesso (o peggio, mettendolo in ridicolo), rischiamo di dover risarcire il danno.
. Il Codice Penale (1930) ci punisce se, pubblicando qualcosa, offendiamo la dignità o la reputazione di una persona davanti ad altri.
. La Legge sul diritto d’autore (1941) mette paletti precisi sull’uso del ritratto altrui, anche se siamo noi ad averlo scattato.

Quando si può postare il nano serenamente

Il Tribunale non ha fatto un elenco preciso, e per fortuna. Però ha detto una cosa chiara: spetta a chi esercita la potestà genitoriale tutelare dignità, decoro e sicurezza del minore. Quindi, ogni foto va valutata. Non basta che “sia carina” o “faccia engagement”. È fondamentale proteggere il decoro, la dignità e la sicurezza del proprio figlio. Perché qui non si parla di like, ma di diritti fondamentali di persone che non possono difendersi da sole.

 

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