Per una volta una notizia che arriva da New York non ci fa dire: “Chissà quando succederà anche da noi“. Perché se i papà della Grande Mela si stanno organizzando con lo Stroll Club (il Club dei Passeggini, ndr), qui in Italia, esattamente da Milano, è partita già 15 anni fa l’esperienza di “Superpapà”, lanciata da Silvio Petta. Questo gentile signore decise infatti che occuparsi dei figli mentre la moglie faceva carriera era assolutamente “normale” (in realtà, noi mamme sappiamo quanto sia tuttora straordinario) e che sarebbe stato utile mettere la sua esperienza di papà a disposizione di altri papà.
Ne nacque una pagina Facebook, subito dopo, nel 2015, il relativo gruppo per soli papà con 40mila iscritti in tutta Italia, una decina di moderatori residenti anche all’estero e una pagina Instagram da oltre 38 mila follower. Tutti questi genitori in giro per l’Italia si ritrovano online per affrontare tematiche relative ai figli e si ritrovano offline per darsi supporto: parlare di dubbi e fragilità, confrontarsi su questioni cruciali come salute dei bambini e gestione di situazioni delicate (tanti sono anche i papà separati), mettere a fattore comune le esperienze.
Insomma, non si sarebbe inventato niente il buon Joe Gonzales, senior producer di un brand di abbigliamento maschile che nella sua New York si è ritrovato convintamente in paternità e ha iniziato a chiedersi: Non sarò mica l’unico?! “Dove si ritrovano i papà di Brooklyn?!” ha “gridato” un giorno via TikTok. E così ha lanciato un appello per un appuntamento al McCarren Park. Al primo giro si sono presentati in venti, molti altrettanto smarriti con il/la primo/a figlio/a nel passeggino. Da lì sono partiti discorsi sugli orari del sonno, delle pappe, sullo stress e sulla nuova vita che una nuova creatura disegna imperiosamente.
“Non mi stupisco, perché dalla mia esperienza vedo che i papà cercano spesso una voce amica e hanno un forte spirito solidale”, spiega Petta: “Sfogarsi, parlare dei figli, sentire altri pareri, vivere la possibilità di prendersi cura dei propri bambini: i papà di oggi vogliono essere più presenti e spesso anche loro patiscono i limiti di una cultura ormai superata che vuole la cura della famiglia appannaggio solo delle donne. La cura“, dice Petta, “ci fa stare bene e ci gratifica. Non solo: se vogliamo davvero che le cose cambino non possiamo che essere noi a dare il giusto esempio ai nostri figli, che un giorno saranno a loro volta papà“.
Rispetto alla vita comunitaria i papà americani sembrano essersi strutturati più rapidamente anche offline: dai primi video su TikTok degli incontri quasi casuali, ai meetup mensili da tutto esaurito, fino all’incontro con gli esperti (dal consulente finanziario allo psicologo) e con i brand che forniscono kit per i bebè. E ovviamente, grazie alla Rete, l’esempio della Grande Mela è già stato seguito in altre città come Los Angeles, Dallas, Atlanta e Cleveland. Ma anche i papà italiani non scherzano: organizzano aperitivi e incontri a livello locale, partecipano a eventi di settore come Bimbinfiera, anche loro offrono il supporto di specialisti come la psicologa e, soprattutto, si offrono aiuto reciproco quando, ad esempio, qualcuno si sposta nel Paese per cercare lavoro e mantenere la famiglia.
“A questo proposito abbiamo da poco contattato Dario, il papà che ha ritrovato il bimbo che si era smarrito vicino a Ventimiglia. Avevamo letto che era disoccupato e volevamo proporci per aiutarlo. In realtà, ci ha spiegato con grande chiarezza che si è preso volontariamente lui una pausa dal lavoro proprio per occuparsi dei suoi due figli“, racconta Petta.
Insomma: giù le quotazioni di figure tossiche da Fight Club, su quelle di figure empatiche da Stroll Club.