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“Gli spritz e la carbonara stanno soffocando l’Italia”: il New York Times ha sganciato la polemica

Per il New York Times ormai in Italia si assecondano le richieste dei turisti proponendo sempre i soliti piatti.
30 Ottobre 2025

Dopo aver elogiato Milano in lungo e in largo, a ‘sto giro il New York Times ci ha mollato un cazziatone. Non alla City, nello specifico, ma a tutta l’Italia.

Secondo un lungo articolo del quotidiano americano, i turisti che arrivano in Italia si sono progressivamente tarati al ribasso e, con tutte le bontà che potrebbero allegramente scofanarsi senza ritegno (ci sono oltre 5000 prodotti tipici riconosciuti), che fanno gli amici turisti? Chiedono per lo più spritz e carbonara, a qualunque latitudine del Belpaese. Così, i ristoratori che cos’hanno fatto? Si sono tarati al ribasso proponendo prodotti standardizzati e per lo più mediocri (immaginiamo al motto: “tanto che cosa vuoi che ne capiscano quelli!“).

Cosa dice il New York Times

Nel reportage di Emma Bubola la “cibanza” da turisti non si trova solo nei centri più squisitamente votati agli arrivi, come Firenze e Roma, ma anche in città più legate alle tradizioni come Palermo. Lo street food verace e i vini locali cedono così il passo al drink universale e alla pasta nazionale (che poi, pure sulla carbonara, non vi stiamo a dire la polemica che c’è stata… per farla breve, pare che così tradizionale non sia!).

Sembrava non esserci fine alla proliferazione di prelibatezze italiane” esordisce l’articolo. “Arancine fritte, cannoli e spritz Aperol fluorescenti si riversavano sulle tovaglie a quadretti rossi e verdi dei 31 ristoranti stipati in un’unica via di Palermo, deliziando una folla poliglotta ed estatica“.

Le vie di Bologna, Firenze, Roma e Torino sono diventate una sorta di ristorante a cielo aperto, dove si serve la carbonara in padelle ‘instagrammabili’ e le sfogline lavorano dietro vetrine come in un zoo delle nonne italiane. Insomma, non l’hanno toccata piano.

La causa della foodification

Una delle cause del delirio turistico in Italia? L’overtourism, ovvio. Roma ha perso un quarto dei suoi residenti in 5 anni, e Venezia e Firenze stanno seguendo a ruota. Nelle città d’arte ormai il ritmo è folle: palazzi storici trasformati in B&B fotocopia, insegne ovunque e zero spazio per chi ci vive davvero.

Pure il food tourism ci ha messo del suo. Come scrive il NYT, il turismo oggi vale il 13% dell’economia italiana e quello enogastronomico è quasi triplicato in dieci anni. Risultato? Le città d’arte si sono riempite di negozi di limoncello, tiramisù bar e spaghetti fake che spuntano a ogni angolo.

Per mettere un freno al turismo enogastronomico (fi*a, ma fino all’altro giorno sembrava la manna dal cielo…) i sindaci provano a limitare le licenze per i locali e ai permessi per i tavolini, cercando di ricordare che le città hanno molto da offrire oltre ai piatti d’ordinanza. Insomma, basta con gli “zombie del cibo“, come li ha definiti il sovrintendente alle opere pubbliche di Palermo Maurizio Carta, è ora di risvegliare i palati, anche quelli nazionali.

Perché, se il livello si abbassa, si abbassa per tutti… e poi non ci possiamo lamentare se non troviamo più una cotoletta decente nemmeno a pregare. Per non parlare di un risotto che profumi di brodo e di un bollito a regola d’arte…

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