Ebbene sì, nella metro di Milano ci sono i bagni.
Ma per me, incontinente emotiva, sono molto più di semplici servizi. Sono oasi, paradisi sotto terra, luoghi di culto che mi offrono sollievo dall’impellente bisogno di fare pipì ogni 5 minuti.
E, dopo anni d’instancabile servizio, è il momento di pagare il mio conto celebrando i bagni della metro di Milano, spesso sconosciuti, sicuramente trascurati, ma sempre presenti nel momento del bisogno:
Porta Genova, come a casa
Il dettaglio che ha reso Porta Genova il mio bagno del cuore è la tavoletta in vetro resina con il fondale marino e i delfini (tanto da convincere mia madre a comprarne una simile).
Parliamo di un bagno 5 stelle, pulitissimo e dotato di tutti i comfort.
Per soli 50 centesimi farete una vera e propria experience nella mente di chi il bagno lo gestisce.
Dall’arredamento alle riviste, ogni cosa vi farà sentire a casa; merito anche del microonde, del frigo e dei soprammobili.
Ad accogliervi, oltre a un’insegna OPEN luminosa, c’è una sorridente signora: vi indicherà il piattino in cui depositare il vostro pedaggio e quale bagno diventerà il vostro regno. Prima però, controllerà sempre la pulizia dei sanitari e che ci sia la carta.
La sua collezione di libri, Chi, Tv, Sorrisi&Canzoni, Gente e Focus potrà tenervi compagna o aiutarvi nella concentrazione.
Alle pareti potreste scorgere qualche parente, alcuni Papi e dei gattini, incorniciati da fiori finti che rendono questa location il mio bagno preferito ever.
In breve, se mia nonna avesse un bagno pubblico sarebbe esattamente come quello di Porta Genova. E se potessi, mi ci fermerei pure a pranzo.
Duomo, da te mi aspettavo di più
Qui, dove rossa e gialla s’incontrano, esistono ben due bagni.
Il primo è un modello standardizzato, automatico, autopulente, auto-aprente, auto-chiudente e davvero brutto.
Per soli 20 centesimi avrete 15 minuti di tempo per svuotare il vostro scrigno.
Appena entrati, la porta si chiuderà dietro di voi e una voce vi darà il benvenuto, istruendovi sul posto in cui vi trovate.
C’è un bottone per tutto: carta, acqua, sciacquone, per il sapone e pure per l’emergenza.
Questo tipo di bagno dall’odore di copertone, diffusissimi sulla linea gialla e sulla lilla, è abbastanza pulito ma totalmente asettico e triste. Ogni volta che ci capito mi sento in colpa nei confronti della mia pipì, perché si meriterebbe di riposare in un luogo migliore di una scatola parlante.
Sulla rossa si respira tutta un’altra atmosfera. Il bagno è gestito da una baby gang di fumatori incalliti. Il pegno sale a 50 centesimi, i bagni sono puliti e decorosi.
Tolta la nuvola di fumo, purtroppo non c’è molto altro che faccia colore, che animi la situazione.
La mia raccomandazione è di portare il vostro bisogno fino al 4° piano de La Rinascente.
Dietro Stella McCartney ci sono dei bagni come li immagino nei miei sogni.
Monumentale, citarne uno per citarli tutti
Nell’arco di un mese, in questo bagno avrò prodotto una quantità di urina pari a quella d’acqua prodotta dalla San Benedetto in un anno.
I bagni della linea lilla sono tutti uguali, esattamente come quelli sopra citati.
Automatizzati, costano 20 centesimi (non ne valgono la metà), non danno resto, puzzano di plastica bagnata e ti fanno sentire dentro un esperimento da laboratorio. Se mi dicessero che un gruppo di scienziati mi sta guardando mentre mi libero dell’acqua in eccesso, la cosa non mi stupirebbe. Detto questo, rispetto alla fermata di Ca’ Granda, Monumentale conserva una parvenza di dignità.
Garibaldi FS, l’imbarazzo non è solo nella scelta
Come quasi tutte le stazioni in cui confluiscono diverse linee, anche Garibaldi ha più di un bagno.
Nello specifico tre, due dei quali devono la loro vita alla ristrutturazione delle FS.
Nonostante l’ampia scelta, fare pipì qui non è mai una volontà ma un’emergenza.
Il primo bagno che incontrate uscendo dalla metro è l’unico realmente nella stazione della verde.
Vorrei incantarvi con mille suggestioni e descrivervi l’atmosfera sognante di queste toilette ma purtroppo non ci sono mai stata.
Il bagno della stazione della metro Garibaldi è sempre chiuso.
Sempre.
Gli altri due sono in superficie, il primo lo trovate ai binari, subito dopo l’edicola.
Dal gusto futuristico e minimale sembra una nave abbandonata nel porto. Il livello igienico del bagno è al minimo, come la scorta di carta. Le porte d’acciaio sono pesanti come il piombo e non si chiudono, ma creano uno strano effetto riflettente per cui mentre fate le vostre cose potete controllarvi i punti neri (se siete femminucce come me).
La cosa buona è che il degrado ha colpito anche le porte scorrevoli all’ingresso, che rimanendo sempre aperte, rendono questi bagni gratuiti. Una vera rarità per la metro meneghina.
Ed eccoci alla toilette migliore di viale Don Sturzo, quella vicino all’uscita di via Pepe.
Ritorna il dazio di 50 centesimi, un prezzo che mi sento di pagare per non contrarre il papilloma.
Il bagno si discosta dal precedente semplicemente per la pulizia e per il pubblico; una media di 2/3 persone dotate di gilet catarifrangente accoglierà voi e le vostre funzioni fisiologiche.
Se proprio siete a Garibaldi e le mutande stanno scalciando, il mio suggerimento è attraversare la strada verso RED laFeltrinelli di Gae Aulenti. Provare per credere.
Sant’Agostino, la libertà sotto chiave
Il bar controlla tutto il traffico della stazione: dai venditori ambulanti al bagno.
Come per molti altri caffè della city, la procedura per accedere al bagno è riuscire a farsi dare la chiave dal barista. A Sant’Agostino è abbastanza facile e veloce, il barista è generoso e non fa troppe storie nello smollare il pezzo di ferro.
Il problema qui è un altro.
Il bagno si trova a 10 metri dal bar, vicino ai tornelli. Aprendo la porta di ferro marrone, ci si trova in un’anticamera totalmente spoglia, dove si sentono solo le vibrazioni del treno in arrivo. L’odore di vernice fresca e abusivismo è avvolgente e vi seguirà fino all’ingresso nella stanza dei bisogni vera e propria. Funny thing: tutti i sanitari (due lavandini e un bidet) sono incartati nella plastica, tipo i divani di zia Assunta ne La Tata.
L’unica libera da imballaggi è la tazza, pronta a ricevere i vostri prodotti Km 0. L’impossibilità di lavarsi le mani, rende la pratica ancora più desiderabile.
Consiglio di portarsi dietro delle salviette multiuso.
Famagosta, a Milan Horror Story
Qui, la scelta è facile: un bagno si trova dentro al bar della stazione, l’altro appena fuori proprio all’ingresso del parcheggio sotterraneo.
Nelle ore di punta, il bar è sempre affollato e dalle sue porte esce un profumo di toast alla piastra e cornetti Tre Marie. Gnammy.
Nonostante questo ho optato per il bagno del parcheggio.
Attraversando tutta la stazione ci si trova davanti al gabbiotto deserto-desertissimo per il pagamento della sosta.
Un pilastro di cemento indica la via della salvezza, basta seguire la freccia per il WC spennellata a mano sul blocco grigio. L’illuminazione è scarsa e c’è odore di benzina. Mentre sono lì, con la vescica che balla, mi sento sul set di Le Colline Hanno Gli Occhi: io ferma in mezzo al nulla, cerco dove fare pipì in un luogo chiaramente infestato da mutanti.
Il bagno è terribile, ma non si allontana troppo da quello che m’immaginavo.
È freddo, buio, abbandonato e sporco, ma molto-molto spazioso.
Il luogo ideale per consumare un delitto.
Cadorna, il gender gap in tazze
Ne faccio una questione di principio.
Nei bagni di Cadorna la tariffa per le donne, che si tratti di quella grossa o di due gocce di pipì, è sempre 50 centesimi. Mentre gli uomini hanno possibilità di scegliere tra orinatoio a 30 cent e cabina a 50.
Perché la mia pipì deve costare più della loro?
Ma soprattutto, tra l’orinatoio e la cabina ci sono davvero 20 centesimi di costi di manutenzione?
Questo, insieme al fatto che i bagni non sono tenuti così bene e il personale è simpatico come un lupus, sono i motivi per cui tendo a non fare mai la pipì a Cadorna.
Piuttosto la trattengo al limite del calcolo renale e me la porto a casa.
Ed è un vero dispiacere perché questi bagni a livello strutturale, rimangono molto meglio degli automatici della lilla.
E dopo gli assorbenti potete pure tassarmi la pipì, tanto un albero dietro cui farla aggratis lo troverò sempre.
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