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Tutti quelli che vengono a Milano da fuori, anche senza essere Giargiana (ma diventandolo automaticamente), subito ti dicono che Milano è brutta. Inospitale. Si lavora a ritmi troppo frenetici («e da quando questo è un tratto negativo? E allora ditelo che siete come il famoso figli del pupazzo: non c’avete voglia di fare un… bel niente.», risponde in media l’Imbruttito facendo solo intuire la rima.

Secondo me, la verità è un’altra: Milano ha una lingua tutta sua che, chi viene da fuori, o si mette a studiarla o pedalare (nessuno escluso)!

Non ci credete? Ecco allora un esempio: 5 espressioni che bisogna sapere se si vuole sopravvivere a Milano (e vi spieghiamo pure il perché, già che ci siamo).

1_La Cler

In tutta Italia la chiamano saracinesca, ma vieni a Milano e, se solo provi a dire la parola saracinesca, puoi sentirti deridere da un commerciante qualsiasi: «Sarà-cinesca, sarà tutto quello che vuoi, ma fuori dalle balle che sto lavorando». A Milano si chiama cler. Come mai? Deriva direttamente dal francesce eclair, che fu la marca della prima serranda a rotolo arrivata da Parigi all’inizio del 900, neanche a dirlo, proprio a Milano.

2_Far le robe alla Carlona

Il Giargiana lo sa, perché è il suo modo di lavorare: alla Carlona è un modo che definisce un lavoro fatto ad minchiam. Il nome viene da Carlòn, che per i Milanesi (Imbruttiti da sempre) è Carlo Magno. Si dice che il fondatore del Sacro Romano Impero fosse una persona che pensava solo alla guerra, parlava male e si vestiva da barbone.
E ai Milanesi, sta roba qui, non è che andasse proprio a genio.
Tempo due minuti, secondo me, e già l’avevano giudicato. Male, tra l’altro.

3_Il Ghisa

In tutta Italia, dici «ghisa» e la gente pensa alla lega ferro-carbonio e si annoia. A Milano, dici la stessa parola e subito l’Imbruttito bestemmia dicendo «Lo sapevo, non puoi stare un attimo tranquillo!» e va a spostare la macchina lasciando un mezzo Negroni sul bancone del bar. A Milano, i ghisa sono i vigili urbani, per chi non lo sapesse. E un tempo (il corpo è stato fondato nel 1860) avevano in testa una tuba grigia che sembrava proprio un tubo delle stufe, che – appunto – erano di ghisa.

4_Ballabiòtt

Letteralmente significa persona che balla nuda; se però te lo dicono e provi a obiettare che sei vestito, è una conferma che chi te lo ha detto c’ha ragione: sei un imbecillone!

La parola deriva dal fatto che, nel 1796, Napoleone sconfisse l’esercito austriaco e arrivò a Milano, piantando in piazza del Duomo un albero della libertà (un palo sormontato da un berretto frigio rosso) come simbolo, appunto, di libertà. Lì sotto, tutti i poveretti mezzi nudi si misero a ballare dalla gioia, pensando che la loro miseria fosse finita. E invece no. Del resto, si sa: da sempre, a Milano, a fare gli scemi vestiti male, non si mangia.

A meno che non ci sia la settimana della moda.

5_Far la figura del cioccolataio

Secondo alcuni, far la figura de ciccolatee deriva dal fatto che i cioccolatai, quando impastano la polvere di cacao con lo zucchero e il latte, si sporcano tutti. E allora, per loro, significa dar l’idea di essere persone che fan casino. In generale.

Però, secondo altri, la storia è questa: nel Settecento, al sovrano di Sardegna Carlo Felice, erano girati gli elicotteri nelle mutande perché, a Torino, vedeva andare in giro un pasticcere con lo stesso veicolo di rappresentanza che aveva lui: carrozza con tiro a sei cavalli. Quando capì chi era il proprietario, reagì più o meno così:

Così, il Carlo Felice, che non voleva essere paragonato a un cioccolataio, lo costrinse a smettere di usare quel mezzo di trasporto lì. Ma il pasticcere, che era un uomo pratico e ormai cavalli e carrozza li aveva pagati, se ne fregò e ciao.

A Torino, nessuno aprì bocca; ma a Milano, ché si sa che siamo gente che si farebbe staccare un braccio pur di prendere in giro un Giargiana, il modo di dire era già bello e coniato.

Credit immagine di copertina

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