Da quando il Covid ha smesso di essere un'emergenza, i tantissimi che dal 2020 lavoravano in smart working hanno ricominciato a tornare in sede. Non senza un certo scaz*o, va detto. Oggi la situazione è più o meno tornata alla "normalità" pre pandemia, ma con una novità sostanziale: sempre più aziende, specialmente le big, decidono di eleggere il venerdì a giornata dello smart working. Così da lunedì al giovedì si lavora in office, il venerdì da casa. Succede, ad esempio, ad Assicurazioni Generali, CityLife. Ma anche nei vari uffici milanesi di Tim. Una scelta che parte dalla convenienza delle aziende, che così risparmiano energia in un periodo storico in cui l'energia costa un botto. Ma il modello piace molto anche ai dipendenti, e sembra rappresentare un principio di settimana corta. Un principio eh.
Il problema è che siamo in Italia, e per quanto le big si stiano muovendo verso nuovi orizzonti, lo smart working è ancora visto con sospetto. Ebbene sì, c'è ancora chi è convinto che chi lavora da casa fondamentalmente non faccia una sega. "C'è una certa schizofrenia perché in diverse realtà vige ancora una certa cultura del sospetto per cui si obbligano le persone a lavorare in presenza il lunedì e il venerdì" ha confermato a Repubblica Mariano Corso, responsabile scientifico dell’Osservatorio smart working del Politecnico. "Stiamo assistendo, nelle imprese più mature, ad un fenomeno per cui la scelta delle giornate di lavoro a distanza avviene tenendo conto più che delle esigenze dei singoli dipendenti di quelle del team e degli obiettivi organizzativi e produttivi che si è dato".
Eh sì perché se dipendesse solo dai lavoratori, la questione sarebbe un po' diversa. Partendo proprio dalle ultime analisi dell’Osservatorio, tra chi svolge un lavoro che si può tranquillamente fare a distanza, quasi il 50% sceglie di operare da remoto. Tra Milano e hinterland, ad esempio, troviamo circa un terzo degli smart worker della Lombardia. Secondo una ricerca della Uil lombarda che si avvale proprio dell'analisi dell’Osservatorio del Politecnico, in smart ci sono oltre 235mila lavoratori, su un totale (sempre in Lombardia) di 705.352. Più facile che accada nelle imprese grandi eh, che oltre ad essere magari più illuminate, hanno più mezzi e persone a disposizione.
Due settori in cui lo smart working sta funzionando molto bene sono quelli bancario e assicurativo. "A Milano il 60 per cento del totale dei dipendenti fa in qualche modo smart working" ha detto a Repubblica Andrea Battistini, segretario generale della First Cisl Lombardia. "Gli assicurativi sono sull’80%, i bancari sul 40%". Molte aziende stanno adottando le "quote di lavoro agile", che variano in base al tipo di mansione. E così, ad esempio, in A2a sono in smartworking circa il 35% dei lavoratori. Non pochi eh! In Tim ci si è organizzati con due giornate in ufficio e tre in smart, stessa roba in Vodafone. Anche per Generali: due giorni alla settimana in ufficio. E poi il venerdì la certezza: tutti a casa.
La strada verso la settimana corta è ancora molto, molto lontana. Però dai. Chi si accontenta gode (così così).
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