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Una roba che più KM zero di così non si può: vai, ti ciapi la tua frutta direttamente dall’albero, dai il grano e te ne vai. Tutto questo a 2 km da San Siro, Quinto Romano, nel Parco Agricolo Sud in Via Caio Mario. Qui, dove sono state bonificate due discariche abusive, oggi ci sono 23 filari di alberi lunghi dai 150 ai 180 metri, alcuni ancora spogli, alcuni già in fiore, che espongono al sole 2mila piante per 60 specie diverse.

Si chiama FruttaInCampo, ed è la start up che, senza ciulamento di dati o monete elettroniche, punta come concept al ritorno alle origini: chiunque potrà venire al frutteto, raccogliere da sé la frutta direttamente dall’albero e pagarla secondo il peso. «Sa che Rogoredo era nota per la produzione di fragole?», ha raccontato Sergio Pillizzoni, uno dei fondatori, a Il Giorno, spiegando come il progetto FruttaInCampo nasca anche per riscoprire le origini agricole del territorio: «L’agricoltura milanese e lombarda era un modello per l’Europa. Dobbiamo riscoprire il valore di questo passato, lo stiamo perdendo».

E non è che lo possiamo riscoprire con il riso vegan-fusion biodinamico dell’Himalaya orientale di turno che troviamo in centro, ma con i veri progetti Km zero: «Vogliamo dimostrare che l’agricoltura periurbana si può fare – ha sottolineato sempre Pillizzoni – e che rappresenta una risposta possibile e forte non solo alla cementificazione ma anche al frazionamento delle terre e alla pesante riduzione della biodiversità provocata dall’agricoltura industriale monospecie. Chi mangerà i nostri frutti, mangerà qualcosa di speciale: alcuni tipi di prugna, ad esempio, prendono il loro sapore solo nelle ultime ore della maturazione, per questo noi li lasciamo sull’albero fino all’ultimo. La frutta in vendita nella grande distribuzione, invece, viene raccolta quando è ancora acerba».

FruttaInCampo dovrebbe permettere la raccolta dal 10 maggio. Un progetto che aiuta la natura e l’agricoltura, anche ai confini di Milano. Perché bagai, so che a molti sembrerà davvero assurdo, ma recenti studi dimostrano che la frutta non cresce direttamente sui banconi dell’Esselunga. Pazzesco.

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