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Lifestyle News
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Una sera, così, senza preavviso, il telefono mi si è spento.

«Vabbè, si sarà scaricato», mi son detto, e l’ho lasciato attaccato alla spina tutta notte.
Ma la mattina dopo, niente. Lo smartphone è morto. Sparito. Nero.
Mi sentivo come l’uomo solo a cui restano i segnali di fumo. Che però nessuno sa più leggere. La mia vita è finita.

Poi penso che l’avevo comprato meno di 6 mesi fa, dando fondo ai miei risp… aspetta. Meno di 6 mesi fa: È ANCORA IN GARANZIA!

Corro al centro assistenza, sudo, mi dimeno mentre sono in coda. Ci pensano loro, è gratis. La ragazza al desk è gentilissima. Almeno fino a che non dice:
«Ci vorranno circa due settimane», una frase sola che la fa diventare più sadica di quando mia madre mi diceva, con la ciabatta in mano, «Vieni qui che non ti faccio niente!».

Accetto. Ed ecco cosa è successo in quei giorni in cui non ho avuto lo smartphone.
La mia discesa negli inferi si chiama Back to the 2002.

GIORNO 1

Torno a casa. Recupero un vecchio NOKIA 3310 che, non si capisce come sia possibile, funziona ancora benissimo. Scrivo un post su Facebook: «ho perso tutti i contatti. Se volete il mio numero scrivetemi qui».
Mi scrivono tutti chiedendomi cosa sia successo. Ma lo fanno la sera, quando sono a casa dal lavoro. Non leggo neanche un messaggio. Non mi chiama nessuno. Accendo la tv. Ma non ho Netflix. L’unica compagnia che mi fa stare meglio è quella di una persona che sta peggio di me: non trovo niente di meglio di Mastrota.

GIORNO 2

Continuo a prendere il telefono in mano per controllare se… niente. Non ho app, non c’è niente da controllare. SONO SOLO. 

GIORNO 3

Ho iniziato a prendere le misure della situazione. Se voglio uscire, mi organizzo nel pomeriggio. Ho memorizzato abbastanza numeri sulla sim per sentirmi tranquillo.

Ma soprattutto scopro che LA BATTERIA SI STA SCARICANDO SOLO OGGI.

IL VENERDÌ

Ho smesso di prendere il telefono per controllare cose che non ci sono. Ormai sono superconfident con il disagio. Ho appuntamento per l’aperitivo sui Navigli. Ma non mi ricordo più dove sia il posto. Chiamo un amico che è già lì, non mi risponde. Provo con gli sms. Ma l’assenza della doppia spunta del ricevuto mi fa impazzire.
E allora faccio una cosa che non mi succedeva da anni: chiedo informazioni. La gente ti guarda un po’ come un minus habens.

«È un esperimento sociale!» dico indicando telecamere che non esistono. Scappo.

SABATO

Mi sveglio all’insegna del motto faccio quello che voglio. Il mio smartphone fa schifo? E io non lo uso.

Mi sto disintossicando da tutto. Social network, multichat che metti sul muto perché spaccano le balle ma poi controlli ogni 10 minuti. Mi sento fiero. Gli amici mi chiamano per il pomeriggio, la serata insieme scorre bella. E poi parlo di un sacco di robe. Perché la sera, a letto, faccio una cosa che non faccio mai: sesso? Anche, ma intendevo leggere dei libri.

C’è solo un momento in cui tutti sono con gli occhi puntati sul telefono e io non so che fare. Ma il mio 3310 diventa un elemento di chiacchiera con una ragazza che non conosco: «Sfidona a snake?!»

DOMENICA

La domenica sera vorrei mangiarmi un sushi a casa. Che problema c’è, mi dico. Lo smartphone non è necessario, il delivery lo chiamo al telefono.
«Ma ci vuole l’app»
«Eh, ma io non ho l’app»
«Ma ci vuole l’app»
«Ho capito, ma io ho un Nokia 3310 e le app, sa…»
«E non può chiedere a suo nipote? Un favore al nonno lo farà!»

Non voglio più mangiare il sushi a casa.

LUNEDÌ

Devo andare dall’altra parte della città. Parto sereno come un anziano che ha appena ritirata la pensione. Visto che non ho Google Maps, ho recuperato un Tuttocittà dai miei. Va come sono sul pezzo!

Stacco: 20 minuti dopo.

Urlo in macchina, sudo, sbatto il Tuttocittà appallottolato contro il sedile passeggero. Sudo ancora di più. E non so dove sono.
Comprendo il vero significato delle parole LACRIME SOLITUDINE e MEDIOEVO.

MARTEDÌ

La rabbia è passata, sono al lavoro. Il dowshifting tecnologico a cui mi sto sottoponendo mi fa stare bene. Non ho lo stress compulsivo da controllo del telefono, parlo con più gente di quanto abbia fatto negli ultimi anni, uno mi dice che dovrei essere felice. Infatti, tenendo sempre lo smartphone nelle tasche, pare che le onde facciano diventare sterili gli uomini. Finalmente posso dire che sto bene.

MERCOLEDÌ

Ormai ho quasi dimenticato che tra due giorni mi dovrebbe dare indietro lo smartphone. Faccio la prova estrema: lascio a casa il telefono. Ce la faccio benissimo.
A sera torno a casa e vedo che non mi ha chiamato nessuno. È per questo che la batteria dura così tanto?

GIOVEDÌ

Mi richiamano dal centro assistenza. Il telefono è pronto. Io mi sento quasi infastidito. Ormai sono gua… MAVVA! Sono come un drogato sotto metadone che incontra il suo pusher. Ho la bava da astinenza di tecnologia.
La ragazza al desk vuole spiegarmi cosa è successo.

E io: «Certo, dimmi, sono molto interessato!», ma la mia faccia è questa:

Accendo, ritorno on line. Le notifiche si succedono una dietro l’altra, mi investono. Mi sento come un monaco zen sotto la cascata.

Ora sì che sto meglio. Ripercorro dalla più recente tutte le chat.

Uno degli ultimi whatsapp che leggo è del mio capo: «Oh, ma figa, ma dove sei finito? Se non ti muovi a chiamarmi, prima ti ammazzo e poi ti licenzio!».
Chiamo subito. Ma il messaggio è di 7 giorni fa.
E capisco una cosa: magari esci vivo dai primi anni 2000, ma senza lavoro.

(PS: Avrei voluto mettere le foto originali di questa settimana. Ma il 3310 non le fa)

credit immagine di copertina

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