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Non c’è niente da fare, eravamo predestinati all’arrivo di Starbucks, e la sua apertura in Piazza Cordusio era l’unica soluzione possibile: era scritto, più che nelle stelle, nella storia dell’arte meneghina.

Tutto il nostro breve excursus storico-culinario gira attorno a lei, la sirena bicaudata, logo del brand.

Sono secoli che si vede a Milano: dai capitelli della Chiesa di Santa Maria d’Aurona, risalenti al XII secolo d.C. e attualmente consevati presso il Castello Sforzesco,  alle statue che ornano il Ponte delle Sirenette (le Sorelle Ghisini) a Parco Sempione (1840). Sarà mica che il simbolo lo abbiamo inventato noi?

Fino al 1000 d.C., infatti, questo essere mitologico fu un simbolo cristiano, raffigurato con due code per mettere in evidenza la capacità della donna di creare vita. In seguito si legò ai culti pagani, dionisiaci, finendo con l’essere demonizzato e abbandonato nell’iconografia.

Sì, ok, tutto bellissimo: ma com’è arrivato questo simbolo allegorico nel logo di quei bricconcelli macina fave di Starbucks?

Facciamola semplice: nel 1971 i fondatori del marchio made in Seattle presero ispirazione dal protagonista del libro Moby Dick: il primo ufficiale Starbucks, colui che si oppose all’uccisione della famosa balena bianca. Nome, check!

Da lì, cercarono di trovare una connessone tra il mondo navale – essendo Seattle una città di mare – e l’epicità del romanzo stesso. Ed ecco spuntare dal cilindro, o meglio, da una rappresentazione di origine nordeuropea, la sirena bicaudata.

Da una parte l’acqua con la sua capacità di accorciare le distanze, dall’altra il caffè, prodotto che le abbatte. Semplice e doppio, proprio come le code della nostra nuova compagnia di colazioni.

Rimettete a posto la tavola Ouija, neanche la vostra trisavola e tutte le comari dell’aldilà avrebbero potuto impedire l’arrivo di Starbucks in città

Fonte: Wired.it

Credit immagine copertina Credit immagini 1, 2 Credit immagini 1, 2

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