Alla fine è stata una raccolta firme ad arrivare dove anni di bagarre intestine tra enti e amministrazioni, importanti interventi politici, messe a disposizione di fondi non erano riuscite. C’è da dire che l’appello porta il nome della senatrice Liliana Segre come prima firmataria e questo, specie in un momento e contesto storico come quello attuale del Paese, non è elemento da poco. Ciò che conta, però, più di tutto, è che il risultato è stato portato a casa e che Milano sarà sede del Museo Nazionale della Resistenza.
L’annuncio ufficiale è arrivato dal sindaco Beppe Sala e dal ministro dei Beni culturali Dario Franceschini, che già nel 2015 aveva manifestato la volontà dell’allora governo – nel quale ricopriva la medesima carica – di realizzare uno spazio della memoria che non solo la custodisse, ma soprattutto la tenesse viva. Vien da sé che Milano, già decorata al valor militare per la Resistenza, era stata ritenuta un’ottima candidata. Ma non solo. Esisteva una sede designata, il piano terra della Casa della Memoria di via Confalonieri che però, con i suoi 400 metri quadrati di grandezza, non era stata ritenuta adeguata per contenere tanta storia. Ed esistevano dei fondi, 2 milioni e mezzo, già stanziati dallo Stato, fortemente intenzionato a promuoverne la realizzazione.
Alla fine sono arrivati altri 15 milioni di euro – dal Fondo per lo Sviluppo e la Coesione – e la superficie pronosticata dal nuovo progetto si è fatta più ampia: 2.500 metri quadrati per quattro piani di altezza, quelli della nuova piramide che sorgerà in Piazzale Baiamonti di fronte alla Fondazione Feltrinelli di cui l’edificio-museo sarà gemello, anche se con dimensioni ridotte. La firma è sempre quella di Herzog & de Meuron, progettisti del disegno urbano dell’area, che già avevano previsto nel loro disegno di risistemazione della piazza la realizzazione di una struttura speculare e di dimensioni più ridotte. Progetto, fra l’altro, che male è stato accolto dai cittadini anticementisti della zona ma che con questa nuova insigne destinazione d’uso difficilmente potrà ora concedere segnali di protesta riguardo all’edificazione.
L’accordo tra le parti, infine, in termini di governance, vede l’istituzione di una fondazione gestita da Comune, MiBACT e Istituto Nazionale Ferruccio Parri con il coinvolgimento della Regione Lombardia. Soddisfatti tutti, quindi, compresi Aned e Anpi che avranno nel management del museo “un ruolo fondamentale perché sono loro i depositari della memoria visiva e fattuale”, parola di Paolo Pezzino, Presidente dell’Istituto Nazionale Ferruccio Parri.
Articolo scritto da Maria Teresa Falqui
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